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Crisi di governo, la guida: ecco le 10 cose da non fare per sopravvivere

Alessandro Giuli
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La paura di sbagliare è già un errore, diceva Hegel; eppure, in questa pazzotica crisi balneare, dalle più alte cariche dello Stato ai protagonisti di centrodestra che sembrano predestinati a vendemmiare in autunno, ci sono almeno dieci buone ragioni per tenere alta la guardia ed evitare altrettanti errori. Vediamoli da vicino.

 

 


1) Non mortificare Draghi.
Guai a dimenticare che un eventuale gran rifiuto a concedere il bis non può e non deve coincidere con il suo ritiro a vita in un eremo. L'ex capo della Bce resterebbe pur sempre il nostro "Paganini", una naturale riserva della Repubblica italiana e di quella europea (memento: il mandato di Ursula Von der Leyen scade nell'ottobre del 2024), nonché il talismano vivente che protegge la Patria "dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai" (Battiato). Come? Presto per dirlo, ma se la politica riguadagnerà, come pare, il primato sulla tecnica attraverso le urne anticipate, bisogna rammentare che il nostro gesuita euclideo come minimo merita un seggio da senatore a vita... foss' anche quale monito per chi dopo lui verrà, se verrà, a Palazzo Chigi.
2) Non esacerbare Mattarella. Lui, il presidente della Repubblica così attento al dettato costituzionale, il bis ce l'ha concesso e non si dovrebbe abusarne. È possibile che fino all'ultimo istante provi a rimpannucciare una maggioranza plausibile per accompagnarci al voto dopo l'approvazione della legge di Bilancio e il perfezionamento del Pnrr. Fatica di Sisifo, forse, ma chi l'accusasse di protervia sarebbe in torto: l'eventuale tentativo rientrerebbe nelle sue prerogative e rappresenterebbe un segnale di autorevolezza da parte della prima (bis)carica dello Stato.
3) Evitare la ripetizione dell'identico. Prima dell'avvento dei gialloverdi, la legislatura ora declinante era iniziata con uno stallo post elettorale che il Quirinale cercò di sbloccare con un premier incaricato privo di base parlamentare: l'insigne Carlo Cottarelli, uomo di concetto economico e di forbici affilate per revisionare la spesa pubblica. Di quella manovra, coraggiosa ma debole sin dapprincipio, si ricorda il mesto dagherrotipo di Cottarelli in avvicinamento solitario ai Palazzi romani con trolley al seguito e circondato da uno spread in progressione geometrica. Nulla di personale contro il simpaticissimo Prof., il quale personifica un modello di civil servant che per l'appunto ci serve ancora e dunque non va sacrificato in vane fantasticherie. I consiglieri del Colle sono pregati di tenerne conto.
4) Non sottovalutare l'avvocato di Volturara Appula. D'accordo: Giuseppe Conte ha sbagliato tutto dacché l'hanno sloggiato da Palazzo Chigi; non è carismatico e sta uscendo letteralmente a pezzi dalla crisi parlamentare che ha innescato. Ma c'è sempre un ma: il suo Movimento dimezzato non avrebbe futuro in una maggioranza simile a quella appena sfasciata, mentre potrà avere un suo quid all'opposizioG ne di un Draghi bis o roba simile. È la speranza massima di Conte e d'una fetta indicibile del Pd che lo vorrebbe collocare nel pascolo in cui furoreggia da monopolista Giorgia Meloni, in modo da rianimarne il consenso con un voto di protesta recuperabile dall'astensionismo o defluito in Fratelli d'Italia. Obiettivo: far tornare il Pd primo partito, perdere bene le elezioni politiche e, chissà, tornare quanto prima sul luogo del delitto e del potere senza consenso in cui la sinistra ingrassa da svariati lustri.
5) Non dividersi per nessuna ragione al mondo. Stiamo parlando del centrodestra di governo (Lega e Forza Italia) e della destra-centro d'opposizione (FdI), ovvero una coalizione già divisa alla quale basta trovare un punto d'equilibrio lungo il rettilineo delle convenienze parallele. Piano A: votare presto e bene con il Rosatellum 2.0 vigente, fare cappotto, riconoscere una leadership certificata dalle urne (a occhio, Giorgia) e dedicarsi in pubblico soltanto dopo, a bocce ferme e mare calmo, alla questione della premiership. Schema vecchio Ulivo, insomma, senza necessariamente un papa straniero alla Romano Prodi come coccodrillo dal cilindro (cit. dal Caimano Silvio Berlusconi). Piano B: se Mattarella estrae un coniglio mannaro dal suo cilindro e riesce a salvare quel che resta della legislatura, bisognerà rassegnarsi allo status quo senza enfatizzare gli elementi di frizione interni al centrodestra. Il tempo gioca comunque a favore.

 

 

 

6) Non spaventare i poteri forti. Sappiamo benissimo come funziona lo schema dell'avversario: da "Mai con Conte" a "Conte o morte"; da "Mai coi tecnocrati" a "Draghi o morte"; da "Mai con la Lega" a "Menomale che Giorgetti c'è"... è sempre stato un attimo. Ma poi, al dunque, lo slogan d'attacco resta quello sul pericolo dell'Urfascismus alle porte, sia pure nelle sue varie reincarnazioni immaginarie: populismo, sovranismo, noeurismo, novaxismo, negazionismo climatico e altre amenità. Gli elettori, come noto, se ne fregano. L'Europa e i mercati no, loro si aspettano un blocco di governo maturo, avanzato, liberale, europeista nel senso più alto (vedi alla voce Trattato del Quirinale, capolavoro diplomatico di riavvicinamento con la Francia e prologo di un'Europa Latina). Basta infantilismi, di grazia.

7) Non seminare discordia. La sfida del patriottismo sta anche qui: votarsi alla Concordia nazionale e recuperare la buona idea meloniana d'una legislatura costituente. Non per smantellare i fondamentali della Carta del Dopoguerra, per carità, ma urge una robusta e condivisa correzione centrata sulla governabilità (vedi la risoluzione delle contraddizioni provocate dalla modifica del Titolo V). A costo di apparire provocatori, non sarebbe male rileggersi la riforma Renzi bocciata del referendum del 2016 e ripartire da lì.

8) Non disprezzare l'Agenda Draghi. Ci stiamo portando molto avanti col lavoro, è vero, ma qualcosa bisognerà pur dire a Mattarella durante i prossimi colloqui. Ebbene, l'occasione che si offre è quella di mostrare che il ceto politico è capace di realizzare il meglio di ciò che tecnici e burocrati di carriera hanno instradato fin qui. Dalla confezione del Pnrr alla (ri)collocazione internazionale italiana nell'alveo occidentale eurocentrico, dal pragmatismo energetico (compreso il nucleare green che piace a Bruxelles) alla nuova proiezione nel Mediterraneo allargato, esistono capisaldi essenziali da presidiare e lungimiranti prospettive da coltivare.

9) Non illudersi di avere la vittoria in tasca (vedi al punto 4). Da qui al passaggio della campanella di Palazzo Chigi la strada da percorrere è lunga, in salita e parecchio accidentata. Ma c'è di più: la storia più o meno recente insegna che vincere le elezioni non significa sapere o poter governare. Il che vale a maggior ragione in tempi di guerra e peste e carestia. Il centrodestra, così com' è allo stato attuale, non basta a sé stesso. Necessita d'uno sforzo tempestivo di allargamento ai corpi intermedi, alle forze sociali più dinamiche e a un paesaggio intellettuale laico e trasversale di riferimento dal quale trarre nomi e idee di qualità.

10) Non ignorare i punti precedenti. Peraltro il 9 è sotto tutti gli aspetti un bellissimo numero. 

 

 

 

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