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Giuseppe Conte umiliato ancora: "Irresponsabile", il super-big lo scarica e "va col Pd"

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Anche il ministro Federico D'Incà lascia il Movimento 5 Stelle. Era nell'aria da giorni, perché il titolare dei Rapporti con il Parlamento era considerato per ovvie ragioni tra i più vicini al premier Mario Draghi già nelle ore precedenti alla crisi di governo concretizzatasi tra Senato e Camera, la scorsa settimana. A convincerlo definitivamente a mollare il Movimento, è una dei commenti più maliziosi che corrono nel partito, la tagliola fatta scattare dal fondatore Beppe Grillo e accettata "suo malgrado" dal leader politico Giuseppe Conte: chi ha raggiunto due mandati, non potrà ricandidarsi il prossimo 25 settembre. D'Incà, insieme a big come Roberto Fico, Carlo Sibilia, Paola Taverna, Alfonso Bonafede o Danilo Toninelli, resteranno dunque fuori dalla prossima legislatura. 

 

 

 



Da qui, forse, le indiscrezioni che vorrebbero D'Incà in procinto di candidarsi in una lista vicina al Pd, sperando in un posto in Parlamento per il suo terzo mandato. Le stesse voci che corrono riguardo al compagno di Movimento Davide Crippa, capogruppo alla Camera anche lui fuoriuscito ufficialmente in queste ore. "Ho riflettuto molto in questi giorni sulle motivazioni e le conseguenze della caduta del Governo Draghi - spiega D'Incà in una nota - e non posso che prendere atto delle insanabili divergenze tra il mio percorso e quello assunto nelle ultime settimane dal Movimento 5 Stelle, che oggi lascio. Avevo spiegato nelle sedi opportune e anche pubblicamente i rischi ai quali avremmo esposto il Paese in caso di un non voto di fiducia nei confronti del Governo Draghi. Una decisione a mio giudizio irresponsabile che non ho condiviso e che ho cercato di evitare fino all'ultimo istante lavorando dall'interno del Movimento 5 Stelle, con la speranza che prevalesse una linea di ragionevolezza e con l'unico obiettivo di mettere in sicurezza il Paese, proseguire con le importanti riforme che abbiamo realizzato in questi mesi e ottenere le relative risorse economiche, grazie alla spinta del Movimento", aggiunge. 

 

 

 

 

D'Incà spiega di aver "anche avvisato sul rischio di una inevitabile frattura a cui avremmo esposto il nascente campo progressista, dopo un lavoro che aveva coinvolto anche i territori da più di due anni fino alle ultime elezioni amministrative di giugno. Purtroppo hanno prevalso altre logiche e altri linguaggi che non possono appartenermi". "Dopo 12 anni - conclude il ministro uscente - lascio il Movimento 5 Stelle con profondo rammarico e dolore personale, le nostre strade non sono più sovrapponibili, il solco che si è scavato in questi ultimi mesi non mi consente di proseguire in questa esperienza, per coerenza con le idee e con i valori che ho portato avanti a livello nazionale e locale e che intendo continuare a sostenere".

 

 

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