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Elezioni, sui giornali straborda il verbo sinistroide: ecco lo strabismo progressista

Iuri Maria Prado
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Mancherebbe lo spazio per mettere in elenco le testate giornalistiche, le riviste, i telegiornali, le trasmissioni televisive, gli approfondimenti, i talk, le radio, le case editrici, ifestival dei libri, del teatro e del cinema,le scuole,le università,i sindacati, i patronati, i centri sociali, le cooperative, le associazioni, le magistrature,le sagre,i concertoni e insomma la rassegna strapaesana delle istanze democratiche dove si coltiva il verbo sinistroide.

 

 

 

Per lo più splendente di una cultura da corso serale, ma compensata da un ridicolissimo sussiego trombone, quell’Italia costituisce oggi, ma davvero non da oggi, l’interfaccia sociale di una tradizione politica che è riuscita (ed è una specie di merito) a imporre un canone civico fatto di quattro/cinque fregnacce solidal-stataliste che costituiscono ormai il canovaccio inevitabile di qualsiasi discorso pubblico in argomento di economia, di istruzione, di giustizia, di storia: per cui tu puoi anche non votarli, ma le loro fesserie ti vengono incontro senza lasciarti scampo quando accendi la tv, quando entriin un ufficio pubblico, quando leggi la stampa coi fiocchi, quando esconoi temi degli esami dimaturità, quando leggi le sentenze della giurisprudenza socialmente orientata, quando ascolti la lezione del professore che vuole espropriare i brevetti e mette in testa alle acquisizioni educative dell’ateneo la dotazione di cessi gender fluid. È il vero governo delPaese: quello che non si è accreditato col voto e, dunque, non cambia col voto. Tutto questo per dire che ci sarebbe da trasecolare sentendo che Enrico Letta denuncia inferiorità di mezzi perché «Gli altri hanno una potenza di fuco, soldi, Media, che noi non abbiamo».

 

 

 

 

Ci sarebbe da trasecolare se anche questo non fosse in realtà il riflesso di un’identica propensione contraffattoria: quella per cui occupi ogni anfratto di potere sul presupposto che la tua presenza lo contrassegni democraticamente, mentre se è insidiato “dagli altri” non si tratta di un avvicendamento ordinario ma, puntualmente, di un pericolo, di una spallata, di una deriva e via narrando secondo la balorda prevedibilità della demagogia progressista. E in questo quadro, ovviamente, l’informazione di sinistra scompare: perché è democrazia connaturata, è specchiatezza repubblicana,è Stato, è legittimità auto-accreditata. La realtà è che la destra può piacere o no, ma se c’è una cosa certa e plateale è che, se essa vince, non lo fa neppure non ostante, ma addirittura contro il carrozzone informativo e (si fa per dire) culturale che anche questa volta, come sempre, alza la solita guardia democratica a tutela del proprio interesse spacciato per generale.

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