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Zan e Scalfarotto, una frase fa esplodere la rissa: spettacolo indecente

Gianluca Veneziani
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Hanno battibeccato in modo isterico per mettere ciascuno la bandierina su battaglie per i diritti ritenute epocali (in realtà piuttosto inutili, e criticate o snobbate da molti omosessuali) e per attribuire l'uno all'altro la causa del fallimento della legge anti-omofobia. Ma in realtà dietro si celava qualcosa più grande: la spaccatura incolmabile a sinistra, dove ognuno è contro l'altro armato e fa parte per se stesso o per il proprio caro leader. E così la diatriba social tra i due deputati gay e paladini dei diritti Lgbt Ivan Scalfarotto (di Italia Viva) e Alessandro Zan (del Pd) maschera il conflitto tra due esponenti che, più che alla comunità omosessuale, sono interessati alla propria parrocchia e si fanno ventriloqui di Letta e Renzi, e del loro mai risolto odio politico (e personale). L'abbrivio lo ha dato ieri Zan, il padre (o il genitore 1) del mai approvato e omonimo ddl, che in un'intervista a Repubblica ha promesso (o minacciato, a seconda dei punti di vista) che l'obiettivo dei dem è «per prima cosa vincere, quindi ripresentare il ddl Zan e la proposta sul matrimonio egualitario», aggiungendo che dietro il fallimento del testo di legge lo scorso anno in Senato «ci sono le impronte di Renzi».

 

 

RIFIUTO COCCIUTO
Ora, se errare è umano e omosessuale, perseverare è diabolico. E cioè: se ci riprovi, devi quanto meno conseguire l'obiettivo. Sennò fai una figura di palta. Ha ragione a ricordarglielo Scalfarotto, che ieri sui social affondava contro Zan (facciamo un ddl ad hoc per proteggerlo dagli attacchi di Scalfarotto?): «Zan ha dichiarato che appena rieletto ripresenterà il ddl Zan», diceva. «Il tema è che se i ddl non diventano leggi, sono solo carta. E la politica che non produce risultati è solo propaganda, quella che riesce bene a Zan e al Pd». E ancora: «Se il ddl Zan non è arrivato in porto lo si deve non a Renzi, che resta l'autore di una legge storica, quella sulle unioni civili. Se il ddl Zan è fallito è stato perché il Pd ha rifiutato cocciutamente ogni sforzo di arrivare a una mediazione e ha scelto di andare sotto in aula, ritenendo più politicamente conveniente la sconfitta che l'approvazione della legge».

 

 

OSTINAZIONE
In effetti, non ci vuole molto a ricordare che il Pd rifiutò ogni compromesso, ostinandosi a non cedere su temi divisivi come l'identità di genere, i limiti alla libertà di espressione (così come era scritto, cioè molto male, il ddl Zan introduceva un reato di opinione) e l'indottrinamento gender nelle scuole. Onestà vorrebbe però che si riconoscesse che anche i precedenti tentativi di far approvare una legge contro l'omofobia, come appunto il ddl Scalfarotto del 2013, non è che si siano risolti in un successone. Anzi. Lecito dubitare quindi che, anche nello scenario fantascientifico in cui Scalfarotto vada al governo, riesca a conseguire i risultati mancati da Zan, come pure lui spera promettendo: «Lavoreremo per portare a casa leggi di progresso, consapevoli che il percorso di apertura del Paese deriva dal susseguirsi di passi concreti». La verità è che, se perfino due omosessuali di sinistra in Parlamento non riescono a mettersi d'accordo, figuriamoci come la comunità gay possa sentirsi tutelata e rappresentata da loro. 

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