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Roberto Speranza, lo schiaffo a 660mila italiani: ecco come li vuole far votare

Roberto Speranza

Pietro Senaldi
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«Sul voto dei cittadini positivi al Covid è partita una campagna elettorale sciocca che mi interessa relativamente». Così il ministro della Salute ha commentato l'apertura di Libero di ieri, che denunciava come fosse ancora nel cassetto il provvedimento che dovrebbe consentire agli infetti di esprimere la propria preferenza politica nelle urne. Un problema che riguarda allo stato quasi settecentomila persone, bloccate in casa dalla quarantena, che limita anche gli asintomatici, e che solo l'altro ieri il governo ha ridotto a cinque giorni, da sette che erano previsti. Per la verità, la riduzione doveva spingersi fino a due giorni, ma ai gran carcerieri in servizio permanente al dicastero della Salute, le 48 ore devono essere sembrate all'ultimo momento troppa grazia.

Comunque, che al ministro la cosa interessi tanto o poco, la realtà è che al momento ci sono centinaia di migliaia di persone il cui diritto elettorale è sospeso, o meglio in quarantena. Speranza tranquillizza e rivela che, per gli infetti, è previsto il voto a domicilio, precisando che a esso si è già ricorsi nelle ultime elezioni amministrative, a Napoli, Roma, Milano, eccetera... Non per nulla sono state consultazioni disertate dagli elettori, il 56% dei quali non ha votato né a casa né al seggio. Un astensionismo che, complice lo scarso interesse di Speranza e compagni perla questione, rischia di essere superato il 25 settembre.

 

 

IL DOCUMENTO - Libero è venuto in possesso della circolare, che sarà emanata a giorni con le regole per far votare i positivi a domicilio. Possiamo affermare che le procedure richieste configurano un percorso a ostacoli in grado di scoraggiare Demostene, Cicerone, Thomas Jefferson, Churchill e De Gasperi. E anche se uno volesse pervicacemente votare a tutti i costi e se si sottoponesse all'intera trafila, non è detto che riuscirebbe nell'intento, tante sono le incognite e le circostanze che sfuggono al controllo del singolo interessato. Innanzitutto il malato, che come accade nella stragrande maggioranza dei casi oggi si è autodiagnosticato il Covid attraverso un tampone fai-da-te, deve procurarsi dal proprio medico di fiducia un certificato che ne attesti la malattia. Quindi deve inviarlo al proprio sindaco, allegandovi la dichiarazione di voler votare e attendere il via libera del funzionario medico designato dall'azienda sanitaria locale. A questo punto, non gli resta che indossare la mascherina d'ordinanza e attendere sul divano in vigile attesa che un messo elettorale gli bussi alla porta.

Già, ma chi raccoglie i voti, recandosi in 6-700mila case sparse per tutto il territorio? Nessun problema, da qui al 25 settembre saranno allestite "squadre speciali" - testuale - di personale medico ma anche no che, formato alla bisogna e bardato come gli sgherri anti-Covid del governo cinese andrà a ritirare la scheda casa per scada, per poi depositarla in seggi sanitari allestiti alla bisogna o addirittura direttamente in aziende ospedaliere, onde evitare che la scheda si trasformi in un agente infettante.

 

 

Più che la buona volontà del ministro di farci votare, la trafila rivela l'approccio terrorizzato che Speranza ha ancora verso il virus, che il candidato nelle file di Letta ritiene letale più o meno quanto la peste bubbonica, mentre da anni non è così. Ormai tutti gli italiani infatti hanno compreso che i tassi di mortalità della prima ondata nella Bergamasca e nel Bresciano non si ripeteranno perché allora fummo sorpresi, non conoscevamo il virus e non sapevamo come curarlo, mentre oggi si sa qual è il protocollo corretto, che non è quello indicato per 24 mesi dal ministro, bensì quello scoperto da Remuzzi, aspirina ed eparina, solo tardivamente riconosciuto dal ministero.

PROCEDURA - Speranza però, tanto per cambiare, tira dritto per la sua strada, con un senso pratico pari allo zero. La procedura infatti è talmente farraginosa da precludere nella pratica il voto a chiunque si scopre positivo tre o quattro giorni prima della data elettorale, ovverosia a quasi tutti gli interessati, visto che la quarantena è stata ridotta a cinque giorni. Non solo, se per miracolo tutti si autodenunciassero, il metodo Speranza prevederebbe un costo per le Finanze pubbliche mostruoso e allungherebbe di giorni le procedure di voto, a meno di non arruolare centinaia di migliaia di scrutatori speciali a domicilio. Facile prevedere che finirà con una classica eterogenesi dei fini, tipica dell'azione anti-Covid del governo in questi anni. Chiunque si scopra positivo e voglia esercitare il proprio diritto di voto ha un solo modo per farlo: evitare di autodenunciarsi, andare al seggio e mettere la crocetta dove gli pare, magari avendo l'accortezza di inforcarsi la mascherina quando entra al seggio. Non è un invito a farlo, non è ciò che auspichiamo, ma è quanto avverrà inevitabilmente perché il Covid, quando non è grave, è una grande scocciatura, ma associato alla burocrazia italiana diventa una pena dell'inferno. 

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