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Enrico Letta e il bus Pd in campagna elettorale? Il problema è il conducente

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Gianluca Veneziani
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Ah, non ci sono più i mezzi di una volta. Non si ricorre più alle bracciate vigorose di un Mao Tse-tung che nel 1966 attraversò il Fiume Azzurro, lo Yangtze, a nuoto per dimostrare al suo popolo di essere in buona salute. Né si viaggia lungo tutto il Sudamerica a bordo di una motocicletta, come il giovane Che Guevara che così iniziò a maturare e promuovere il suo sogno di una revolución. Né si parte più su un treno a vagoni piombati, come fece Lenin nell’aprile del 1917 quando lasciò la Svizzera dove era esiliato e giunse a Pietroburgo, prendendo la guida dei bolscevichi e lanciando il suo appello per una rivoluzione del proletariato in tutta Europa. Anche quei treni non giungono più in orario, puntuali all’appuntamento con la storia. Né ci sono più le jeep come quella sulla quale Fidel Castro entrò trionfalmente a L’Avana nel 1959,mostrandosi con la barba lunga e la divisa militaresca verde oliva.

 

 

 

 

Ora i leader di sinistra usano tristissimi bus, oggettivamente brutti, non proprio un buon viatico per la vittoria. Parla la storia. Prima di quello di Letta, ci furono il bus di Veltroni alle Politiche perse del 2008 e il camper del 2012 di Renzi, poi sconfitto alle primarie; quanto ai treni, quello di Rutelli nel 2001 portò male, e quello di Renzi venne accolto dai fischi nel 2017.

 

 

 

 

Portarono un pochino meglio solo i bus di Prodi nel 1996 e 2006, ma entrambi i suoi governi presto deragliarono. Il problema però non è il mezzo, ma il fine. E soprattutto il conducente. E oggi non si capisce chi la guidi, la sinistra.

 

 

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