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Enrico Letta lasciato a piedi dal bus elettrico: come si presenta al comizio. Che figuraccia...

Giovanni Sallusti
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Voi reazionari lettori di Libero mi state sottovalutando Enrico Letta, e vi rifiutate di capire: il segretario del Piddì sta conducendo una campagna elettorale che passerà alla storia. Del cabaret, certo, ma dite poco. Le ultime performance del leader che "non sarà utile una seconda volta", come disse D'Alema quando Letta era a Palazzo Chigi, aggiornano la nobile arte della commedia all'italiana. Prendete un classico del repertorio comico del nostro (e il fatto che sia involontario non fa che renderlo più efficace): l'EcoTour.

 

 

Trattasi del consueto pellegrinaggio elettorale per la penisola, ma ringretinito, ovvero compiuto a bordo di un bus elettrico in omaggio all'ecologismo, alla mobilità dolce e altri passatempi in voga per scacciare la noia nelle Ztl delle grandi città, le ultimissime roccaforti del Pd. Se l'obiettivo era aumentare ulteriormente la distanza dall'elettorato, è stato perfettamente centrato: il mezzo avanguardista ha infatti clamorosamente lasciato a piedi il condottiero dell'"Italia democratica e progressista" come nemmeno l'utilitaria più scalcagnata, e l'ha costretto a presentarsi in ritardo considerevole a un evento previsto a Torino. Pare infatti che il pulmino a batteria, causa il livello basso di questa, sia andato in ricarica, costringendo Enrico Thunberg a ripiegare su un'auto, sempre elettrica (almeno così assicura quel Minculpop dell'ambientalismo frivolo che è ormai l'inner circle piddino).

"Aveva la batteria quasi scarica, non sarebbe riuscito ad arrivare da Alessandria e tornare indietro", è la confessione surrealista di uno degli organizzatori riportata dal Corriere. Il capo politico che assicura di essere l'unico che può mantenere l'Italia sui tavoli continentali e transatlantici, il presunto habitué di Bruxelles e Washington, fa una fatica dannata ad andare da Alessandria a Torino, è il sugo di questa storia picaresca. Siamo prevenuti sulla sua leadership? No, o meglio non più di quanto lo sia lui stesso. Dopo la eco-débâcle torinese, infatti, Letta si è recato a Taranto, per un comizio con Michele Emiliano e Vincenzo De Luca (non proprio un'apoteosi di quell'"agenda Draghi" di cui si dichiara unico continuatore, diciamo).

 

 

E lì la sua attitudine a spostare la soglia del ridicolo verso stadi sconosciuti gli è definitivamente sfuggita di mano. "Oggi sto vivendo la sensazione di essere il segretario del più grande partito di popolo che non ha bisogno di mettere il nome del proprio leader sul simbolo. Non è il leader la forza, siamo noi la forza". Per dirla come la direbbero all'Istituto di studi politici di Parigi dove Enrico si era ritirato dopo aver smentito la profezia di D'Alema, cioè dopo essersi rivelato inutile anche la prima volta: oggi sono felicissimo, perché realizzo di non contare un cazzo. Churchill e De Gaulle, scansatevi.

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