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Enrico Letta, ossessione sinistra: parla più di Ungheria che di bollette

 Enrico Letta

Gianluca Veneziani
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Qual è lo Stato più lungo d'Europa? L'Ungheria. Deve essere davvero lunghissimo nei discorsi di Letta che non fa che occuparsene, forse convinto di essere candidato non a Roma ma a Budapest, dove magari avrebbe qualche chance in più di giocarsela.

Nei suoi proclami Urbi et Orbán il segretario dem nomina ossessivamente il leader ungherese, perfino più di quanto parli del tema che invece dovrebbe stare a cuore a lui e agli italiani, e cioè l'aumento delle bollette. Negli ultimi 15 giorni il nome di Orbán è stato evocato nelle dichiarazioni pubbliche di Letta la bellezza di 45 volte: in pratica, se non si riempie la bocca col premier dell'Ungheria almeno tre volte al giorno, Enrico non può andare a letto sereno. Deve essere una prescrizione che gli ha dato il medico: si fidi, gli avrà suggerito, chiami Viktor e si propizierà la Vittoria...

 

Negli ultimi giorni, da quando c'è stato il voto dell'Ue anti-Orbán con l'astensione di Meloni e Salvini, Letta si è scatenato. Ieri il leader Pd sosteneva che le bollette «non si abbassano parlando con Vox e Orbán, ma facendo le scelte con il presidente francese e tedesco» e, parlando con Il Giornale, ricordava che la Meloni è tornata «in queste ore quello che è davvero: antieuropeista, legata da una lunga comunanza politica con Orbán». L'altro ieri, a Portici, Letta notava: «Meloni e Salvini hanno deciso di non andare contro Orbán, anzi di dargli una mano». Mentre a Napoli avvertiva: «Gli amici di Salvini e Meloni in Europa si chiamano Orbán, il governo polacco, il partito spagnolo di Vox». E lo stesso giorno, al mattino, in conferenza stampa col leader dell'Spd tedesco Letta definiva «gravissima» la scelta di «Salvini e Meloni di cercare di salvare l'Ungheria di Orbán al Parlamento europeo». Che sia in Germania o in Italia, che sia in tv, in un comizio o sui social Occhi di Tigre parla sempre di Ungheria, vittima della sindrome di Budapest. Il 18 settembre a La7, controbattendo a chi dice che Orbán è stato eletto democraticamente, Letta avverte che «anche Mussolini ha vinto le elezioni»; parlando a Monza, dice che Pontida è «diventata ormai provincia dell'Ungheria»; e su Twitter ribadisce che bisogna stare «o con l'Europa o con Orbán». Il 17 settembre Orbán viene additato da Letta come colui che colpevolmente «sta modificando lo Stato di diritto»; il 16 settembre «Orbán antidemocratico» diventa «pericolo per tutta l'Europa», dopo che su La Stampa Enrico aveva definito «una vergogna» che «Meloni e Salvini stiano con lui».

 

Il 14 settembre il leader ungherese è indicato come esempio negativo di «vittimismo», di «politiche migratorie» sbagliate e di politiche familiari retrograde («Stiamo attenti che con Salvini e Meloni non passi il modello di famiglia di Orbán»). Il 12 settembre Viktor diventa il grande cattivo perché si ostina col «diritto di veto» in Europa e non vuole il tetto al prezzo del gas, il 10 settembre perché «è la quinta colonna di Putin in Europa», il 9 settembre viene liquidato come «il nemico dell'Italia e dell'Europa», mentre il 7 settembre il leader dem ammonisce: «Non ci porteranno in Ungheria» dove «le donne non hanno un percorso di educazione superiore marcato».

In tutto questo tempo quante volte Letta ha parlato di bollette? Ne abbiamo contate 35, più nei comizi in piazza che in tv, evidentemente perché Enrico, col suo sguardo (miope) da Tigre, crede che il tema Ungheria gli procuri più share e più voti. La conferma che Letta è in Bolletta.

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