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Sondaggi, Youtrend: "Ecco la soglia per governare"

Pietro De Leo
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Da settimane è un tema che serpeggia: qualcosa può essere cambiato nelle tendenze elettorali? Gli italiani sono andati sotto l'ombrellone con la certezza di un cappottone del centrodestra trainato da Giorgia Meloni, e il centrosinistra avviato verso l'ecatombe. Poi, però, sono tornati a settembre e almeno il racconto vede un'altra pagina. Enrico Letta batte sul tasto del clima che sta cambiando; poi c'è il messaggio messianico di Giuseppe Conte all'elettorato meridionale, assistenzialismo spinto e intangibilità del reddito di cittadinanza. Tutto incorniciato dal fatto che, da un paio di settimane, i sondaggi non si possono pubblicare.

Ma davvero una "non vittoria" del centrodestra è possibile? Un analista di dati per "YouTrend", Giovanni Forti (che è anche consigliere per la sinistra al XV Municipio di Roma), ha messo nero su bianco tutte le condizioni necessarie affinché la sinistra possa sperare nel pareggio, con una serie di tweet. Partiamo dal fondo, come lui stesso riconosce «è molto improbabile» che, domani notte, il centrodestra non se ne esca con una maggioranza. Però nella dimensione numerica tutti gli scenari vanno tracciati.

 

 

Punto di partenza: ai tempi in cui i sondaggi erano pubblicabili, la "fotografia" raffigurava «un vantaggio del centrodestra sul centrosinistra fra i 15 e i 20 punti, con il primo più vicino ai 50 che ai 40». Tuttavia, osserva Forti, «la tendenza storica è che circa il 20-25% dei votanti effettivi decide nelle ultime due settimane prima del voto».
Tradotto: «500 mila persone in più che ogni giorno decidono per chi votare. Sono tantissime». E aggiunge: «Ipotizziamo che questa decisione degli ultimi giorni sia indirizzata verso una lista in particolare, in una macroregione italiana in particolare. Se dei 5 milioni di "ex indecisi" 2 scelgono di votare per un'unica lista, i rapporti di forza cambiano parecchio».

Ma come potrebbe verificarsi uno scenario che smentirebbe i sondaggi? Il presupposto è che, spiega Forti, la coalizione che lui chiama "B" presumibilmente il centrosinistra, continui a vincere le sue roccaforti, e C (che dovrebbe essere il Movimento 5 Stelle) inizi a vincere le sue ai danni di "A". L'analista dà poi alcuni "indizi", che ognuno, seguendo gli speciali televisivi, potrebbe analizzare: «Guardare gli exit poll e gli instant poll- suggerisce- se il centrodestra è sopra il 42%, la maggioranza è salva. Non esiste una cifra "magica" sotto la quale non c'è maggioranza, ma se esistesse assomiglierebbe al 38%».

 

 

Similmente, aggiungiamo noi, a quanto accadde nel 2018. Altri segnali: «Le grandi città, soprattutto al Senato. Se il centrosinistra vince almeno il collegio centrale di Roma, Milano, Torino, Bologna Firenze, lo spiraglio è ancora aperto». E ancora, nelle «ex zone rosse. Se il centrosinistra riesce a vincere almeno 5 dei 9 collegi uninominali di Toscana ed Emilia Romagna al Senato». Infine, l'alert M5S: «Se riesce a vincere almeno 3 collegi alla Camera e due al Senato in Calabria, significa che è quasi al 30% al Sud», e anche in quel caso «lo spiraglio è ancora aperto». Tuttavia, Forti osserva che queste circostanze dovrebbero verificarsi in simultanea e «la probabilità che succeda è molto bassa» .

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