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Giuseppe Conte, il piano segreto: perché punta al Quirinale

Giuseppe Conte

Fausto Carioti
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Enrico Letta accusa i leader del centrodestra di volere «stravolgere la Costituzione, anche da soli». Segno che ignora le ambizioni di Giuseppe Conte, perché il suo ex alleato è pronto a spiazzare un'altra volta i vertici del Pd, sedendosi al tavolo delle grandi riforme istituzionali assieme ai probabili vincitori delle elezioni.
L'idea, racconta chi dei Cinque Stelle ne ha parlato con Conte, è maturata durante questa campagna elettorale, dopo i bagni di folla ricevuti in molte piazze del Mezzogiorno. Almeno in Puglia, Campania e Sicilia, i grillini, grazie alla spinta propulsiva del reddito di cittadinanza, contano di emergere domenica sera come il primo partito. Una speranza confortata dalle parole della sondaggista Alessandra Ghisleri, ieri a La7: «C'è una forte mobilitazione per votare al Sud, che tradizionalmente vota poco. C'è un flusso di voti verso il M5S». Dovesse andare così, più che un risultato collettivo, l'ex premier lo riterrebbe (con qualche buona ragione) una propria affermazione personale, la conferma di avere un grande capitale politico tra le mani. E candidarsi ad essere il primo capo dello Stato eletto dal popolo sarebbe il modo migliore per investirlo.

 


 

UNA GRANDE OPPORTUNITÀ - Laddove Letta e la sinistra del Pd vedono lo stupro della Costituzione, insomma, il Conte con l'ego gonfiato dai sondaggi e da Rocco Casalino vede una grande opportunità. E proprio per questo la sua strada potrebbe incontrarsi non solo con quella del centrodestra, ma anche con quelle di Carlo Calenda e Matteo Renzi, che già si sono detti pronti a discutere di una simile riforma. In tal caso, l'unico tagliato fuori dai giochi sarebbe il Pd, ammesso che a guidarlo sia sempre Letta, o comunque qualcuno, come lui, pronto a fare le barricate contro l'elezione diretta del capo dello Stato.

Il modello cui guarda Conte è quello francese, lo stesso su cui sono orientati Giorgia Meloni e Marcello Pera, l'ex presidente del Senato al quale sarà affidato un ruolo centrale nella riscrittura dell'impianto istituzionale. Il programma elettorale del centrodestra non entra nei dettagli, ma si limita ad indicare, in cima alle riforme da realizzare, la «elezione diretta del presidente della repubblica». Formula che racchiude molte possibili variazioni sul tema. Ma quella che riscuote più consensi, anche perché rivelatasi ben funzionante, è proprio il sistema semipresidenziale voluto da Charles De Gaulle per tirare fuori la Francia dalle paludi della quarta repubblica, che era caratterizzata da un sistema parlamentare e governi deboli, simile al nostro attuale.

 

 

Nessuna soluzione muscolare sul modello del presidenzialismo statunitense, insomma, che sarebbe anche inconciliabile con ciò che i grillini hanno predicato sinora. La Costituzione della quinta repubblica francese prevede che il presidente, eletto dal popolo, nomini il primo ministro, presieda il consiglio dei ministri, indirizzi le scelte del governo e abbia il potere di sciogliere l'assemblea nazionale, il ramo più importante del parlamento.
Una ricetta che, con qualche cambiamento, il prossimo parlamento italiano proverà a tradurre, in modo che nella legislatura seguente, in teoria destinata ad iniziare nel 2027, si cominci a giocare secondo le nuove regole.

TENDENZA MACRON - Non è solo per ragioni di eleganza e portamento, quindi, che l'avvocato pugliese s' ispira ad Emmanuel Macron. Sogna di seguirne le orme tra cinque anni, arrivando al Quirinale con lo stesso percorso che ha portato il presidente francese all'Eliseo. Un obiettivo che chi non apprezza Conte potrebbe giudicare temerario, ma che visto con i suoi occhi sarebbe uno spreco non inseguire. Anche lontano da palazzo Chigi, l'«avvocato del popolo» continua infatti ad avere un consenso alto, superiore a quello dei Cinque Stelle. Prima del black out imposto dalla par condicio, l'istituto Ixe lo classificava secondo tra i leader nella graduatoria della fiducia, che gli era concessa dal 37% degli italiani (davanti a lui l'inarrivabile Mario Draghi, col 62%), mentre la Demos di Ilvo Diamanti gli assegnava il gradimento del 43% degli elettori (altra medaglia d'argento, dietro al solito rivale). Se domenica Conte e i suoi candidati incasseranno al Sud il risultato importante che sono convinti di ottenere, le brame del giurista di Volturara Appula diventeranno incomprimibili. Buon per lui, ma anche per chi crede che la repubblica parlamentare che ci ha dato 67 governi in 76 anni abbia fatto il suo tempo.

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