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Pd stravolto, ora vuole cambiare nome: come si chiamerà

Elisa Calessi
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Rifondare, rigenerarsi, cambiare nome, fare una costituente, un nuovo Pd, un tagliando, andare oltre il Pd. Due giorni dopo l'addio di Enrico Letta, che porterà a un nuovo congresso del Pd, si scatena, tra idem, un primo abbozzo di dibattito. Caotico, ma con un denominatore comune: il Pd, così com'è non va. Non funziona più. Nella nella missione, nel gruppo dirigente, nel come si presenta e a chi. È una bad company. Va cambiato nella forma e nella sostanza. Va ripensata l'identità, perfino il nome. Poi, ovvio, ognuno ha le sue idee. C'è chi pensa debba guardare più a sinistra, più al M5S. E chi, invece, lo immagina più rivolto al centro, ai liberal, al Terzo Polo. Chi pensa debba essere il partito del lavoro, chi quello che si rivolge ai ceti produttivi. È l'eterna lotta tra riformisti e massimalisti, che poi è il conflitto irrisolto che da sempre segna il Pd e prima ancora la sinsitra italiana. Tanto che c'è anche chi ipotizza nuove uscite, magari verso una Cosa Rossa a cui potrebbe dare vita Giuseppe Conte. Ma sono suggestioni. Per ora la lotta è ancora dentro il Pd. Nel frattempo, cominciano a delinearsi le candidature per il congresso che si terrà probabilmente a gennaio. Se una è quasi scontata, Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia Romagna, nome di bandiera dei riformisti del Pd, altre cominciano a profilarsi. Una è rappresentata da Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, che potrebbe riunire gli amministratori, i territori: «Sento la responsabilità, come tutti, di non potermi sottrarre», ha detto ieri. E poi una donna. Ma non Elly Schlein, a cui in tanti guardano (Letta compreso), amata da una parte importante della base dem. Chi, seriamente, sta valutando di cimentarsi è Paola De Micheli, ex ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti nel Conte 2, e sottosegretario al ministero dell'Economia e delle Finanze nei governi Renzi e Gentiloni. Lettiana, bersaniana, piacentina, dirigente di azienda, prima di scendere in politica, sarebbe la terza emiliana in corsa (dopo Bonaccini e Elly Schlein). Curioso, ma anche il segno che l'Emilia Romagna è rimasta la terra in cui il Pd è ancora vivo. 

 


Ma al di là dei nomi, il tema è l'esistenza stessa del Pd. Serve, ha detto Andrea Orlando, una «grande costituente» che coinvolga tutta la «sinistra diffusa che ha votato Cinquestelle o Calenda». E non esclude, alla fine, la nascita di «un nuovo soggetto». Stesso scenario che, con obiettivi diversi (non verso sinistra, ma verso il centro) suggerisce Roberto Morassut, quando parla di «una fase costituente» che porti a «un soggetto nuovo con dirigenti nuovi, un vero movimento politico e sociale: i Democratici». Anche il nome deve essere diverso. E di un soggetto nuovo, «più ampio», parla la sottosegretaria Maria Cecilia Guerra, eletta alla Camera con la lista Italia Democratica e Progressista. Un altro nome che potrebbe aspirare alla ladership del Pd è Dario Nardella, sindaco di Firenze. E anche da lui arriva la richiesta di rifondare (nome compreso) il Pd: «Abbiamo perso la nostra missione. Non abbiamo chiaro qual è il blocco sociale che vogliamo davvero rappresentare».

 

 

 

Dunque, non basta un congresso sui nomi. Va rifondato da zero. Brando Benifei, capo delegazione Pd al Parlamento europeo, accusa il «gattopardismo» che permea il Pd e i suoi gruppi dirigenti. Francesco Russo rimprovera al Pd la peggior sconfitta mai vista. E se per Walter Verini bisogna «smantellare le correnti», malattia eterna del Pd, per Goffredo Bettini occorre «fare un tagliando», ripensare, rifondare. Occorre ripensare da zero il Pd, non basta solo «cambiare qualcosina», occorre «proprio radicalmente rifare il Partito Democratico», concorda Pierfranceso Majorino. Serve una «rigenerazione» (Dario Parrini), un «congresso rifondativo»(Marco Sarracino), occorre «ridefinire senso e missione del Pd. E anche modalità di funzionamento» (Matteo Orfini). Il punto, in ogni caso, è che per tutti il Pd, ormai, non funziona più. Ma su come e per cambiare cosa, le idee sono diverse, opposte. E non è solo un problema di segretario. 

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