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Mario Draghi, la frase rubata a Kissinger. "Mai ritiro definitivo"

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L'addio di Mario Draghi non è mai definitivo. Parola di Henry Kissinger, uno che di segreti di Stato se ne intende forse più di ogni altro politico sulla faccia della terra. Il pezzo di Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera, oltre che grondare nostalgia per il premier uscente e livore per chi dovrà prendere il suo posto (Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi) e per chi ha contribuito a farlo cadere (Giuseppe Conte) regala anche una chicca significativa e illuminante. Il colpo di scena, come in ogni thriller di Palazzo che si rispetti impone, arriva nel finale. Si ricorda la paradossale parabola dell'ex governatore della Bce: silurato in Patria e celebrato all'estero.

 

 

 

Pochi giorni prima del voto, Draghi vola a New York per ricevere il premio come "statista dell'anno 2022". E lì, scrive il sempre affilato Roncone, "l'ex segretario di Stato americano, il leggendario Henry Kissinger, che gli era seduto accanto, ha sussurrato: «Sappiatelo: ogni volta che Draghi si e ritirato, non è mai stato un ritiro definitivo» (prendetevi un appunto)". In quella parentesi, la firma del Corriere apre uno scenario infinito: che Draghi possa tornare a Palazzo Chigi nell'immediato è escluso. Che possa farlo tra qualche mese, è ipotesi che farebbe felici solo i catastrofisti e gli anti-meloniani in servizio permanente attivo. Che invece Draghi possa essere a pieno titolo una "riserva della Repubblica" è certo.

 

 

 

 

E l'ottimo rapporto proprio con la Meloni potrebbe tra qualche tempo rilanciare il nome di SuperMario al Quirinale, nel caso Sergio Mattarella decidesse di seguire le orme del suo predecessore Giorgio Napolitano e "abdicare" anticipatamente sul suo secondo mandato, che scade nel 2029 quando avrà 88 anni. Senza contare che la sua rielezione è avvenuta in un contesto quasi opposto rispetto a quello attuale: Parlamento non ancora ridotto e con una maggioranza completamente disintegrata dalle elezioni del 25 settembre. In caso di un suo (non certo obbligato) passo indietro, la carta Draghi tornerebbe a essere la più calda. E stavolta forse troverebbe Camera e Senato molto più favorevoli a portarlo al Colle come "paracadute". Un uomo che, ricorda malinconico Roncone, "i potenti del pianeta ascoltano (e talvolta temono)".

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