Cerca
Logo
Cerca
+

Prodi, Bersani e D'Alema, il Pd chiama i "morti viventi" contro la Meloni

Renato Farina
  • a
  • a
  • a

Ieri c'è stato un simpatico raduno di quelli che potremmo chiamare - parlandone con il dovuto rispetto - «i morti viventi» della sinistra. Sono stati convocati contemporaneamente sui quattro lati del perimetro mediatico, per dare la squilla ad una lotta di popolo «contro la destra». In ordine di età, e forse di autorevolezza, sono sfilati sul tappeto dalle diverse sfumature di rosso: Romano Prodi (Der Spiegel, il famoso settimanale della copertina con la pistola sopra gli spaghetti), Massimo D'Alema (Il Fatto), Pierluigi Bersani (Corriere della Sera), Walter Veltroni (La Stampa). «Morti viventi»? Morti, nel senso che nessuno di loro risulta eletto da qualche parte, fosse pure un consiglio comunale nella tundra, né peraltro si ricordano folle con fiaccole al loro uscio per invocarne il rientro nelle istituzioni. Viventi, perché questo poker di Re emeriti la sa lunga sulle ragioni del fiasco del Partito democratico, le cui vicende i quattro hanno attraversato con le penne in testa da capo indiano. Molto divertente osservare, sia detto per inciso, che con notevole competenza sulla tattica per la sconfitta, Prodi e D'Alema, noti amici per la pelle, se la prendono vigorosamente con le «divisioni della sinistra».

 

 

ISTIGAZIONE
In questa solenne concelebrazione delle esequie di Enrico Letta, si avverte, nella diversità delle posizioni, una sorta di «tiè» polifonico, naturalmente avvolto da un sudario di gentilezza ipocrita, che di colpo riesce a farci rivalutare l'infelice esule da Parigi. C'è un dato che francamente spaventa, e induce ad abbandonare i toni ironici, è la chiara propensione dei Grandi Reduci a trasferire la battaglia dell'opposizione fuori dal Parlamento, e persino fuori dall'Italia. Tutti - chi più (Bersani), chi meno (Veltroni) - vedono in Giorgia Meloni e nel suo prossimo governo «un pericolo» o contro i diritti di libertà (Prodi) o quelli sociali (Bersani). Ritengono che il centrodestra sia una minoranza casualmente vittoriosa. Chiamano la coalizione «la Destra» per infilarla nel vicolo dell'estremismo, e dunque suscitare necessariamente ribellione se sarà sé stessa e non quella che oggi finge di essere. Pretendono di sottoporre la Meloni alla loro Tac antifascista, guai se non lo fa, altrimenti.... Altrimenti cosa? La piazza, la spallata, qualcosa di «enorme"... Questo modo di manipolare i sentimenti della gente, e istigare le nazioni alleati, è esso sì davvero pericoloso...

 

 


1)Romano Prodi. Der Spiegel sintetizza senz' altro meglio di me: «Prodi è preoccupato per il futuro dell'Italia e dell'Ue dopo la vittoria elettorale della post-fascista Giorgia Meloni. E lancia l'allarme dell'Asse Roma-Budapest». Ci mancava pure l'Asse... La Meloni è un pericolo per la democrazia italiana?- chiedono. Prodi:«È certamente possibile, sì. Almeno a medio termine... il suo slogan "Dio, famiglia, patria"? Tale e quale Mussolini». Poi l'allusione infamante. «Se ci fossero grandi e improvvise violazioni dei diritti fondamentali, le proteste sarebbero enormi, ne sono convinto. Quello che mi spaventa sono i cambiamenti graduali, che la Meloni sposti i parametri passin passetto. Proprio come è successo in Ungheria... Orbán ha preso di mira la banca centrale, la magistratura e i media». Prodi, esperto di sedute spiritiche depistanti, pretende di leggere dentro la Meloni la volontà di violare i diritti fondamentali. Traduzione elementare dal cifrario, subito sotto la voce Gradoli: peccato che Giorgia non si manifesti subito per quello che è, perché allora il popolo la ribalterebbe. Ma lei è furba, ci fascistizzerà pian piano...


AVVERTENZE
2.Massimo D'Alema. Sul Fatto si presenta: «Sono un vecchio comunista» . Frase da incorniciare: «Io non so che rapporti abbiano i dirigenti del Pd con la società. Mi domando dove prendano il caffè la mattina». Lui lo sorbisce in qualche bar di Caracas: «Avvertenza per i vincitori. Dovrebbero mostrare una certa prudenza. Non sono la maggioranza del Paese». Cioè? Prudenza in che senso? 3.Pierluigi Bersani. Dice al Corriere della Sera, ma era stato ancora più esplicito a «Carta Bianca» (Rai3): «A chi non ha riconosciuto il 25 aprile gli italiani diranno di no». Che cos' è questa insistenza per il giuramento sull'antifascismo? Un'idea l'abbiamo. Un po' di memoria storica aiuta. 25 aprile 1994. Il centrodestra aveva vinto le elezioni il 23 marzo, ma non c'era ancora il governo Berlusconi. Fu organizzata una manifestazione contro il fascista-Berlusconi a Milano. La diretta Rai con gli elicotteri per mostrare la fiumana. Era una dichiarazione preventiva di guerra. Il deep State, preparò il rovesciamento della volontà popolare.Ce n'è candida traccia nei diari di Carlo Azeglio Ciampi: «...una cena dal Segretario generaledel Quirinale, Gaetano Gifuni, è l'occasione per annotare i giudizi del Presidente della Repubblica Scalfaro che appare preoccupato del fenomeno Berlusconi fino ad "auspicare un fronte tipo Comitato di Liberazione Nazionale"» (Diario Ciampi, 22 gennaio 1994, citato da U. Gentiloni Silveri, Contro scettici e disfattisti Gli anni di Ciampi 1992-2006, pag.63). Volante Rossa? Niente di nuovo sotto il sole della sinistra. 4.Walter Veltroni, sulla Stampa, due frasi: 1) «Ho chiuso per sempre con la politica». 2)«Pensi se centomila persone scendessero in piazza a Roma». Meglio la prima.

Dai blog