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Gianfranco Fini, la telefonata segreta: "Devo mettermi in fila?"

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Francesco Storace
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«E tu che ci fai qui, vecchio fascistone?...». Gli sguardi si incrociano con l'antico dipendente del Msi oggi in pensione. Lo sguardo è fiero, «prima i governi si facevano a casa Berlusconi», dice tutto orgoglioso di fronte ad una marea di giornalisti. Dai quali si capisce dove è situata la nuova cittadella del potere: via della Scrofa 39. Qui ci sono Fratelli d'Italia e la fondazione An. Una storia riunita.

E c'era una volta il Msi. Da queste parti ce lo portò Giorgio Almirante, provenendo da via Quattro Fontane, palazzo Del Drago. Almirante firmò quintali di cambiali per acquistare la nuova sede del partito. La destra rinasceva lì. La destra di governo firmata Fini e consacrata ora da Meloni. L'onore di guidarla toccò per un breve periodo anche a Pino Rauti. Ieri è andata in scena l'antica sto ria di Maometto e la Montagna, con l'omaggio di Silvio Berlusconi a Giorgia Meloni, dopo le polemiche dei giorni scorsi. Un atto dovuto, se vogliamo galante, ma senz' altro tutto politico: il riconoscimento plateale di una leadership passata di generazione. E tante generazioni si sono avvicendate in quegli uffici. Il Msi ci si trasferì nella prima metà degli anni Ottanta. Sul muro del palazzo una lapide intitolata ad Alberto Marchesi, «vittima della criminalità nazifascista». Ucciso alle Fosse Ardeatine. Nessuno dei frequentatori di via della Scrofa ha mai sfiorato quella targa, tanto per smentire luoghi comuni particolarmente insistiti in questo periodo. Quegli uffici raccontano pezzi di storia nazionale, di governi, di liste, di leggi.

Non è la prima volta che Silvio Berlusconi entra in via della Scrofa. Chi vi partecipò, non può dimenticare - primi anni '90 - l'incontro dei dirigenti del Msi con il Cavaliere. Anzitutto con Servello, con l'incoraggiamento prima di Almirante e poi di Fini, da via della Scrofa si affinavano le battaglie parlamentari e difesa dell'emittenza libera. E quell'imprenditore non ancora sceso in politica era ammirato da quella destra. Che, come dimostrò nel futuro, anche lui volle aiutare a diventare forza di governo.
 

 

L'INTESA TRA FI E AN
Pochi sanno che il cavaliere era stato anche a via Quattro Fontane, nell'antica sede del Msi. Era il tempo dei decreti Craxi, approvati con il voto determinante missino. E la sinistra ne usciva scornata. Con Fini, nonostante caratteri profondamente diversi, l'intesa politica tra Forza Italia e il Msi che si apprestava a diventare An, fu immediata. Ricordo personale: quando Berlusconi - nel ballottaggio Fini Rutelli - disse che se fosse stato cittadino di Roma avrebbe votato per il segretario del Msi, venne giù il mondo. Portai quella nota di agenzia a Fini, che la lesse stupito. Non ne sapeva nulla, alzò il telefono e ringraziò il Cavaliere. A via della Scrofa sono nati governi e sono anche morti. Nel 1996 cadeva il governo Dini, fortissime erano le pressioni su Fini per far nascere un esecutivo a guida Maccanico. Che abitava al terzo piano dello stesso stabile. Gli incontri si svolgevano salendo di un piano dal quartier generale di via della Scrofa... l'ultimo no a Maccanico Fini glielo pronunciò davanti all'ascensore... A via della Scrofa - prima di Arcore e Palazzo Grazioli - si discutevano le candidature nei collegi.


Nel 1994 Fini c'era e Berlusconi no, che delegava Mennitti, magari per essere pronto a far saltare il banco in subordine. Ma il delegato di Forza Italia non andava bene a Pinuccio Tatarella, che usciva dalle riunioni e faceva ingresso Altero Matteoli. Che pagine fantastiche... Quando si litigava tra dirigenti del Msi e poi di An, arrivava spesso a mettere pace Donato Lamorte, capo della segreteria politica, un duro col cuore d'oro. Fumava troppo.

 

 

Racconta oggi Giovanni Donzelli, dirigente di vertice di Fdi, che ne ha ereditato l'ufficio: «Quando sono arrivato qui, c'era anche l'odore acre delle sue sigarette». A via della Scrofa ci fu anche la visita di un Presidente della Repubblica: si chiamava Francesco Cossiga. Erano cominciate le picconate al sistema e Fini regalò un piccolo piccone d'argento all'illustre ospite venuto a prendere un caffè. La sorpresa fu enorme quando Cossiga lo esibì in tv al bavero della giacca. Infine, la memoria ci ricorda quei due Grandi della destra italiana, che se ne andarono al Creatore praticamente assieme: Giorgio Almirante e Pino Romualdi. Quelle bare affiancate ricevettero l'omaggio sincero di Nilde Iotti e Giancarlo Pajetta, che telefonò a Fini: «Devo mettermi in fila?». Ricordava l'onore reso da Almirante a Berlinguer. 

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