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Meloni? "Un complotto contro di lei e contro l'Italia"

Renato Farina
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Insomma: cui prodest? La frase integrale di Seneca, e scuserete se la traduco in italiano facendole perdere il suo afrore di fresco assassinio, dice: «Il delitto l'ha commesso chi ne trae vantaggio». Trattasi di delitto, in latino scelus, ma chi è lo scellerato? Siamo davanti, parlandone laicamente, ad un Berlusconicidio. Nell'ambito del centrodestra è l'equivalente del regicidio, nell'ambito di Forza Italia siamo al deicidio. Perché quanto accaduto è un colpo di bazooka al cuore di Silvio, minandone la credibilità sul piano nazionale e internazionale. Insomma: sei fuori dai giochi, torna ad Arcore, accontentati delle passeggiate nel parco con Marta e i discendenti di Dudù.

Non ha nessun senso mettersi a discutere sui contenuti di quanto detto dal Cavaliere in riferimento a Putin e alle ragioni per cui ha scatenato l'«operazione speciale». Mercoledì pomeriggio ha detto e reso più rotondi gli stessi concetti - bottiglie di vodka a parte - già enunciati in varie e recenti occasioni. A partire dallo scorso 20 maggio in un hotel a Napoli, quando agli americani chiese di accondiscendere a qualche richiesta territoriale di Putin, «cercando di farle accogliere dagli ucraini». Tutto pur di fermare la guerra. Più esplicito era stato il primo settembre in collegamento con Padova dove ad ascoltarlo c'erano i candidati di FI per il Veneto (e qualcuno di loro passò la registrazione a un giornalista del Mattino di Padova che la diffuse). Non si è mai spostato dal giudizio sul gravissimo errore compiuto dal suo antico amico Vladimir invadendo l'Ucraina.

 

 

 

 

UN KILLER INFILATO

Ha costantemente sostenuto l'idea della buona fede dello Zar. Che ha dovuto cedere alle pressioni popolari. Sotto testo trasparente: l'Occidente, specie l'America, avrebbe dovuto sostenere la strategia di Silvio. L'aveva spiegata già il 9 maggio. Includere Putin e la Russia. Invece l'Occidente ha buttato nell'immondizia quel che accadde nel 2002 a Pratica di Mare, quel radioso 31 maggio, dove Usa e Russia si accordarono e, secondo uno spartito proposto dal premier di Arcore, i 30 della Nato aderirono a una strategia che avrebbe allargato il Patto Atlantico fino a circumnavigare il globo, avendo come nemici solo gli Stati canaglia e la Cina. Lo scopo dei suoi discorsi? Proporsi come mediatore per la pace (magari insieme alla Merkel). Nessun pensiero occulto. Nessuna sorpresa. Chi se non Lui, Silvio? La questione ha avuto ed ha le dimensioni di uno scandalo ciclopico per il tempo (formazione del governo, colloquio al Quirinale), il luogo (Montecitorio, aula del gruppo intitolata a Lucio Colletti), il metodo della diffusione stile Cecco Beppe: ta-pum. Prima colpo allo stomaco, poi uppercut al mento.

Con un'aggravante: la presenza di un killer infilato nella cerchia dei suoi amici, uno di cui si fidava, sicuro che avrebbe ascoltato il suo monito - dolce quasi come la lettera di Putin per il suo compleanno - di non riferire a nessuno le sue confidenze alla pattuglia di fedelissimi eletti: non li aveva forse scelti ad uno ad uno Licia Ronzulli, delegata a questo compito insieme ad Antonio Tajani, coordinatore nazionale. Poi qualcosa è successo tra i due.

 

 

 


Il presidente emerito del Parlamento europeo è stato esautorato dal ruolo di numero 2, non si è capito perché, forse troppo stimato da Meloni? Fi si è così spaccata nei sentimenti e nelle chiacchiere. L'esclusione dal governo di Ronzulli è stato vissuto da Silvio al modo dei leader europei davanti alle pretese di Hitler: morire per Danzica? Lui ha risposto di sì. Morire per Licia. Qui non accettiamo la chiave di lettura di Enrico Letta, che si straccia le vesti come Caifa dopo aver usufruito dei servizi di Giuda. Rifiutiamo di discutere sui contenuti del discorso di Silvio Berlusconi ai deputati di Forza Italia (ma c'erano anche senatori) ma della sua propalazione urbi et orbi. Chi ha fatto il lavoro dell'agente sotto copertura?

Per chi lavorava? A quale servizio segreto si è venduto? Sto usando parole grosse. Ma in questo Paese pieno di buchi, un groviera per i topi dell'intelligence straniera, può accadere di tutto. Fatto sta che un parlamentare sconosciuto -tra i tanti cui presumibilmente la brava giornalista di La Presse, Donatella Di Nitto, ha fatto la sua proposta: «Telefonami e tieni aperto il cellulare nel taschino o nella borsetta»- ha accettato. Detto fatto. La cronista ha registrato tutto.

 

 

 


LE IPOTESI IN CAMPO

Ipotesi esterna. 1) intelligence russa per destabilizzare l'Italia. 2) intelligence atlantiche per spingere Meloni a tagliar fuori chi non giuri fedeltà a Biden, Stoltenberg e Zelensky e stia con le preoccupazioni del Papa. Ipotesi interna a Forza Italia o al centrodestra. 1) Berlusconi ha fatto apposta per creare scompiglio e pungere come uno scorpione la rana Meloni, anche a costo di affondare insieme. Una sorta di sacrificio rituale per lasciare il segno da protagonista anche stavolta. Escludo. Esperienza personale. Da giornalista disobbedii alle sue parole sull'attentato evitato in piazza San Pietro il Natale del 2003. Si fidava. So che ne pianse. Poi mi disse: da giornalista avrei fatto lo stesso.
Ma un deputato non può. Lo sono stato per 5 anni. In qualsiasi riunione lui presente c'era chi trasmetteva con sms i contenuti riservati dei dialoghi con il gruppo. Cose innocue. Una specie di voto di scambio: il cronista gratificato avrebbe ripagato il povero peones con la citazione in qualche articoletto.
2. L'eccellente direttrice o direttora di La Presse è Alessia Lautone. Certi stormi di falchi spiegano l'agguato con la presunta vicinanza di Alessia a Giorgia. Insomma: un pretesto per sbattere fuori Forza Italia.
3. Altra tesi. Nessuno voleva uccidere Silvio. Come capita ai dilettanti, hanno cercato di far rimbalzare il proiettile contro la corazza del Re per uccidere Tajani e impedire che diventi ministro degli Esteri. La manovra sarebbe stata ordita da qualche amico/a di Ronzulli.
4. Ipotesi opposta. Proprio perché "chi giova" corrisponderebbe a prima vista con il profilo di Licia, che scalza così il venduto Tajani dal ruolo di coordinatore, ecco che si pratica la raffinata arte della false flag operation per colpevoilizzare l'innocente senatrice.
5. La vanità, la stupidità.
Io voto 5.

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