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Antonio Tajani, Sallusti: chi deve sciacquarsi la bocca

Alessandro Sallusti
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Ci siamo, tra oggi e domani Giorgia Meloni sarà la prima donna Presidente del Consiglio nella storia della Repubblica. Forse oggi, almeno oggi, si riuscirà a parlare di lei e non di Silvio Berlusconi, sempre che il Cavaliere non se ne inventi un'altra delle sue. Le consultazioni di ieri tra Sergio Mattarella e le opposizioni sono state una formalità come del resto lo saranno quelle di oggi con i leader del Centrodestra. Tanto per dire qualche cosa, sia Conte che Letta avrebbero chiesto a Mattarella di non fare Antonio Tajani ministro degli Esteri dopo il caso degli audio rubati in cui Silvio Berlusconi giustifica in qualche modo l'operato di Putin.

 

Ora, da che mondo è mondo i ministri li decide e propone al Quirinale il Presidente del Consiglio incaricato, non l'opposizione e siamo certi che Giorgia Meloni non rinuncerà a questo diritto per accontentare i suoi rivali. Voglio dire: se Tajani sarà o no ministro degli Esteri sarà tutta farina del suo sacco e non sta a noi dare consigli non richiesti. Certo è che Tajani, non soltanto a mio modesto parere, ha tutte le carte in regola per ricoprire quell'incarico, non possono essere certo le parole in libertà del suo leader, che peraltro ieri in un'intervista al Corriere ha rigiurato fedeltà assoluta alla Nato, a metterne in dubbio lealtà e fedeltà.

 

 

Antonio Tajani, che è sì vicario di Forza Italia ma non membro effettivo del cerchio magico berlusconiano, è da sempre un convinto europeista e non a caso è stato anche ministro europeo prima, presidente del parlamento europeo poi e pure presidente del Ppe, il grande partito dei moderati europei.

Mentre in Italia la sua immagine è stata inevitabilmente oscurata dalla stella Berlusconi, all'estero è tra i politici italiani più stimati e rispettati di sempre (gli spagnoli gli hanno addirittura intitolato una strada). Insomma, prima di parlare di Tajani e porre assurdi veti, Conte e Letta dovrebbero sciacquarsi la bocca e guardare alle non poche contraddizioni e ambiguità che dilaniano la sinistra proprio sui temi sensibili di politica estera.

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