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Letta e Conte si sentono ancora al governo: volevano pure decidere i ministri

Edda Guerrini
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Giuseppe Conte lo dice chiaramente: «Abbiamo espresso al presidente Mattarella la nostra forte perplessità nell'affidare l'incarico di ministro degli Esteri del nuovo governo a un esponente di Forza Italia». Carlo Calenda usa altre parole, spiegando che nessuno, nemmeno la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, che ha fatto una dichiarazione a favore di Antonio Tajani, «può assicurare che la posizione di Forza Italia sia atlantista e, sulla guerra in Ucraina, netta, perché Berlusconi è il padrone di quel partito e ha espresso frasi che sono inaccettabili e immorali». Enrico Letta mette in chiaro che «non accetteremo ambiguità» e aggiunge che le parole del leader di Fi hanno «fatto suonare un campanello di allarme». Dunque, non può esser quella la politica estera del Paese. Fatto sta nel primo giorno di consultazioni, con protagonisti sono stati i gruppi di opposizione, il tema centrale è stata la politica estera. E la richiesta, più o meno esplicita, di non affidare a Forza Italia la Farnesina, dopo gli audio di Silvio Berlusconi.

 

 


TEMI CLIMATICI
Un "no" a cui Angelo Bonelli dei Verdi ne ha aggiunto un altro: evitare che al ministero della Transizione ecologica vada un ministro "negazionista" sugli obiettivi climatici decisi in sedi internazionali. Detto questo, da tutte e tre le opposizioni (Pd-Sinistra-Verdi, Azione-Italia Viva e M5S) è stata ribadita l'impossibilità di fare un coordinamento comune delle opposizioni. Per la verità gli unici leggermente aperturisti restano Pd e i rossoverdi. Ma sia Calenda sia Conte hanno risposto che non se ne parla, almeno non per ora. «Uniti su che?», ribatteva all'uscita dal Quirinale, incalzato dai giornalisti. «Un'opposizione unitaria non è nell'ordine delle cose in questo momento», spiegava Conte.

«Il Pd farà il suo congresso e noi faremo le nostre battaglie di opposizione». Ciascuno, poi, ha fissato i propri paletti: diritti, ambiente e giustizia sociale per Sinistra e Verdi, collocazione europea e atlantica e diritti per Calenda, diritti, reddito di cittadinanza e per Conte. Il leader del M5S, trascinato dalla polemica su Forza Italia, dimentica dei trascorsi anti-euro del Movimento e della linea contraria all'invio di armi (confermata al Quirinale), ha persino insistito sulla necessità che il prossimo sia «un esecutivo a forte vocazione europeista, questa deve essere una trazione necessaria e indiscutibile». Affermazioni su Calenda ha ironizzato su Twitter: «Conte alle consultazioni ha chiesto che il governo "abbia una chiara posizione euro-atlantica" e contemporaneamente lo stop all'invio di armi in Ucraina che è il fondamento della posizione euro-atlantica. Suggerisco un tête-à-tête con Berlusconi. La linea è quella».

 

 


CHI ANDRÀ
Il tema del giorno, in ogni caso, è chi andrà o meglio: chi non deve andare alla Farnesina. «Confermo», ha detto Calenda, «che se il ministro degli Esteri viene espresso da una forza politica che attraverso il suo capo carismatico ha definito più volte l'invasione russa una risposta alle provocazioni di Zelensky, questo non è concepibile». E ha smentito che il terzo polo possa fare da stampella del governo che sta per nascere nel caso in cui una forza si staccasse. «Non c'è questa possibilità. C'è una maggioranza che ha vinto e deve governare». Altro è se dovessero arrivare in Parlamento singoli provvedimenti giudicati giusti, come ad esempio il rigassificatore di Piombino. Su questo e su altri provvedimenti di interesse nazionale possono arrivare i voti di Azione-Italia Viva. «Ma sia io che Renzi abbiamo escluso tassativamente il sostegno al governo» di centrodestra. «La nostra opposizione sarà non pregiudiziale fino a quando saranno rispettate due cose: il collocamento italiano nel mondo, in Ue e con i partner atlantici e sui diritti. Su questi due temi nessun compromesso per noi è possibile». 

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