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Nazione non va bene, l'ultima follia della sinistra: se la prende con le parole

Daniele Dell'Orco
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La semantica non è certo un dettaglio specie per chi fa politica ad altissimo livello. Il fatto che Giorgia Meloni, il primo premier in rosa della storia d'Italia, ieri al termine delle consultazioni con Presidente della Repubblica abbia detto tra le altre cose «daremo alla Nazione un governo di alto profilo» non è affatto casuale. La parabola che negli ultimi 30 anni ha portato la Meloni dalla militanza di destra a Palazzo Chigi è stata innescata da parole chiave come «merito», «coerenza» e «lealtà». Ma la Nazione viene prima di tutto. La Nazione intesa come insieme di cittadini uniti da storia, tradizione e bandiera in comune e che tutti insieme compongono la Patria. Il fatto che immediatamente dopo il suo discorso sul web sia montata una polemica surreale circa la scelta della Meloni di utilizzare «nazione» in luogo di «Paese» è uno dei motivi per cui la sinistra le scorse elezioni le ha perse. E anzi, per la verità, non le vince da un bel po'. Perché intellettuali come Paolo Berizzi che hanno imbeccato il parterre ultraprogressista, borderless e fluido in ogni cosa scrivendo «la nazione, la nazione. Le parole sono segni. I nazionalismi non hanno mai portato nulla di buono. Quando ce lo ricorderemo forse sarà troppo tardi. E magari la democrazia ci avrà già presentato il conto. Bisogna solo capire chi paga», sono proprio i genitori di un malcontento di carattere anti-italiano a cui gli italiani hanno scelto di ribellarsi votando in massa un leader politico che viene da un partito chiamato «Alleanza Nazionale», non «paesale», che nel nome dell'attuale movimento ha scelto di inserire l'attacco dell'inno di Mameli e che ostenta mai fastidiosamente il tricolore e ciò che rappresenta: la difesa della sovranità nazionale, non paesane, e dell'interesse nazionale, non paesale.

 

 

Pure «sovranità» è giustappunto finito nel mirino dei detrattori che le consecutio sbagliate di Di Maio fingevano di non sentirle mentre alla Meloni contano anche i punti e virgola. Da interrogazione parlamentare, infatti, che si sia posto «sovranità alimentare» di fianco al ministero dell'Agricoltura, affidato non a caso al fedelissimo di Giorgia Lollobrigida e scelto con la consapevolezza di chi intende difendere il made in Italy e i prodotti della nostra terra.

 

 

Non pago, anche il senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto si è iscritto alla lezione di semantica della sinistra, correggendo la Meloni affinché utilizzi «Repubblica» al posto di Nazione. Scalfarotto, noto alle cronache per le sue sortite sulle navi delle Ong come la Sea Watch e per perorare prima di tutto le cause degli altri e poi quelle degli italiani, dimentica come gli altri polemisti grammaticali che il concetto di nazionalismo è ben diverso da quello di Nazione e che il termine in questione fa bella mostra nella Costituzione italiana per ben 11 volte. Come, ad esempio, all'art.67: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». È probabile che a questo punto la sinistra voglia proporre a breve di emendare persino la Carta, così "nazionalista" da essere definita «la più bella del mondo» solo quando conviene. Meloni a questo tipo di invettive è largamente abituata, e anzi finché saranno costretti ad appigliarsi a queste critiche, vorrà dire che i progressisti saranno confinati nella subalternità che gli italiani hanno confezionato per loro. Proprio in virtù del fatto che per la maggioranza di loro essere parte di una Nazione non è affatto un'offesa.

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