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Luciana Lamorgese, la proposta sui rave di un anno fa: sinistra muta

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La sinistra ha la memoria corta, cortissima. Mentre Pd, 5 Stelle e chi più ne ha più ne mette attacca il governo per la stretta anti-rave, torna a far discutere una proposta di Luciana Lamorgese. Non più lontano di un anno fa, il predecessore di Matteo Piantedosi al Viminale proponeva una norma per fermare i raduni illegali. Eppure nessuno lo ricorda. L'allora ministro dell'Interno, intervistato dal Messaggero, si diceva sul piede di guerra.

 

 

"I rave party si sono sempre svolti. Solo nel 2018 ci sono stati almeno una cinquantina di raduni clandestini, dalla centrale di Montalto di Castro alla fabbrica ex Viberti di Nichelino. E come è stato osservato in più occasioni, le leggi in vigore non ci mettono in condizione di contrastare questi grandi rave illegali come avviene in altri Paesi d’Europa dove le norme sono più severe. Sono consapevole del senso di preoccupazione che questo fenomeno determina nell’opinione pubblica, sia per i comportamenti illegali connessi all’abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, sia per i riflessi sulla possibile diffusione dei contagi".

 

 

 

Ecco dunque che nell'intervista datata 7 novembre 2021, ancora visibile sul sito del Viminale in un video di rassegna stampa, proponeva: "Sono convinta che serva un intervento normativo per rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto. Il ministero dell’Interno sta lavorando a un’ipotesi di fattispecie criminosa che consenta di disporre la confisca obbligatoria dei veicoli e degli strumenti necessari per l’organizzazione dell’intrattenimento e che preveda l’obbligo del ripristino dei luoghi". E concludeva: "Sul piano preventivo, potremmo introdurre la possibilità di ricorrere ad altri strumenti investigativi, come già avviene per diversi reati di particolare gravità. Tutto questo per allinearci alla legislazione degli altri Paesi europei, nei quali, evidentemente, oggi gli organizzatori dei rave party rischiano molto di più". Nulla di diverso da quanto proposto dall'esecutivo di Giorgia Meloni. La differenza? Con il centrodestra al governo per la sinistra vale tutto, anche l'incoerenza. 

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