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Gemmato, il metodo scientifico e la lezione di Popper: la verità sul polverone

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Corrado Ocone
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Il dibattito sui vaccini, e in genere sulle politiche messe in atto per fronteggiare la pandemia, esigerebbe un po' più di serenità. Ora che il virus è diventato meno virulento sarebbe il momento giusto per affrontare con tranquillità di animi una riflessione comune i cui risultati in teoria potrebbero essere molto utili in futuro per affrontare eventuali recrudescenze di questo o altro virus. Tutto andrebbe depoliticizzato il più possibile. Purtroppo ciò, almeno in Italia, non sta accadendo, soprattutto per responsabilità di una sinistra che le prova tutte per non permettere alla destra al potere di governare. Enrico Letta e Carlo Calenda hanno persino chiesto le dimissioni del sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato perché ieri, in una trasmissione televisiva, ha detto che non si può affermare con sicurezza scientifica che i vaccini abbiano limitato il numero dei morti.

Che aver promosso una campagna di vaccinazione sia stata certamente una decisione di buonsenso da parte dei governi occidentali, non credo lo si possa negare. Anche se in Italia i governanti (in primis l'ex ministro Roberto Speranza) ci hanno messo un di più di severità sanzionatoria di cui si poteva francamente fare a meno. Così come è stato sensato da parte di tanti cittadini rispondere positivamente agli appelli governativi recandosi in massa nei centri di vaccinazione. Tante ragioni di buon senso, nella drammaticità dei momenti vissuti, inducevano ad agire così, a fare cioè astrazione di eventuali danni collaterali e di una sperimentazione non ancora perfetta perché fatta in pochi mesi.

 

 


Ove, fra i danni collaterali, potrebbe esserci stato anche quello di avere ostacolato una naturale immunizzazione naturale, non avendo ancora cognizioni scientifiche adeguate sulle caratteristiche dei soggetti predisposti o fragili. Oltre ai danni collaterali causati alla libertà umana, alla cura di altre patologie, alla sanità mentale dei più giovani: tutti elementi che andrebbero ponderati e controbilanciati. Ma questo deve essere appunto un dibattito serio a evidenziarlo. Allora, la prudenza e il buon senso optavano a favore della scelta che è stata fatta. La ragionevolezza, che già Aristotele considerava la virtù somma dell'agire pratico, deve farsi ragione scientifica, il che avverrà solo col tempo.

Per ora non si può fare altro che dare ragione a Gemmato, almeno da un punto di vista formale: se sia stato meglio o peggio vaccinarsi non è possibile dirlo in senso strettamente scientifico, per un motivo banale ma spiegatoci con chiarezza da Karl Popper. Una affermazione, secondo il filosofo vienese, per essere scientificamente vera, deve essere falsificabile. E in questo caso la controprova non c'è. La scienza è una gran bella cosa ma il suo uso politico è la peggior calamità che possa capitarci, soprattutto se a utilizzarla per secondi fini (visibilità, emolumenti, carriera) sono gli stessi scienziati, i quali sono uomini come gli altri e soggetti agli stessi vizi. D'altronde, anche i dati in sé presi sono stupidi e, prima di farli parlare, bisogna sperli interpretare. Ragioniamo con serenità su questo, senza avere soluzioni preconfezionate in tasca. 

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