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Lucio Malan? Per attaccarlo hanno offeso gli ebrei

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Iuri Maria Prado
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Se si vuole essere onesti, bisogna riconoscere che il senatore Lucio Malan non ha detto che l'omosessualità è un abominio. Ha detto che ciò è scritto nella Bibbia, e lo ha detto a un intervistatore il quale gli domandava se la Bibbia prevedesse forse il divieto di coniugio tra gay. Al che Malan ha risposto che ovviamente nella Bibbia non c'è scritto quel divieto, ma «molto di peggio»: vale a dire, appunto, che l'omosessualità è un abominio.

Tanto precisato, vorrei occuparmi di una cosina apparentemente trascurabile, una delle tante nella chiacchiera quotidiana del circuito politico, e invece significativa assai: perché non solo quello che l'ha buttata lì (Carlo Calenda), ha fatto mostra di non rendersi conto dell'enormità, ma nessuno di spicco, mi pare, gliel'ha rinfacciata.

All'uscita di Lucio Malan (che, per precisione, è quella che ho sopra riportato, non quella che gli hanno attribuito), l'on. Calenda ha risposto, tra l'altro, così: «Se le nostre regole derivassero dal Vecchio Testamento non saremmo molto diversi dai talebani. Per fortuna abbiamo avuto il Vangelo e lo Stato laico». A chi gli ha fatto osservare il tratto evidentemente antisemita, o in ogni caso altamente irriguardoso verso la cultura e tradizione ebraica, di quell'infelicissimo messaggio, Calenda ha risposto com' è abituato a fare chiunque, per profonda ignoranza o malafede, si lasci andare a simili spropositi: e cioè con dispetto, con roba tipo «le mie posizioni sull'antisemitismo sono note» (che pressappoco è come: «Io antisemita? Ma se ho tanti amici ebrei!»).

All'on. Calenda, così come a quelli del suo staff che non ne sorvegliano le sbrigliatezze, nonché al vasto esercito democratico con capilista pro Hamas, sfuggono evidentemente un paio di dettagli. Il primo, di carattere civile: e cioè che definire "talebana" quella tradizione millenaria, e opporla all'incivilimento apportato dal Nuovo Testamento, non è propriamente carino nei confronti di chi fa riferimento alla prima e non al secondo. E l'ulteriore dettaglio, anche più gravemente trascurato da uno che fa una tal battuta, è di carattere culturale: per quanto ateo, infatti, come egli si dichiara nel reagire alle molte critiche rivolte alla balordaggine cui si è abbandonato, dovrebbe sapere che proprio sulla "non accettazione" ebraica del Vangelo si è fondata per secoli, e persiste ancora, una notevole componente del pregiudizio antisemita. Rifletta un po' di più, onorevole Calenda, prima di smanettare col telefonino. Si può essere per il matrimonio gay senza scrivere certe fesserie.

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