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Bancomat, perché l'obbligo di Pos è un obbligo a smenarci

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Pietro Senaldi
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Un governo che ama gli evasori e odia i poveri. Per l'opposizione, sparare contro l'esecutivo è un obbligo, un automatismo, che come tale sfocia nel luogo comune e nella banalità. Giorgia Meloni promette che toglierà il reddito di cittadinanza. L'operazione dovrebbe consentire un risparmio alle casse dello Stato di 7 miliardi. Il denaro, attualmente elargito con criteri pressoché casuali a una limitata platea di bisognosi, entrerà in un fondo pubblico destinato ad aiutare tutti gli indigenti. Siccome dei poveri non gli importa nulla e per lui conta solo poter bussare alla porta dei percettori di reddito per rivendicare il merito dell'assegno e incassarne il dividendo politico, Conte insorge e chiama la piazza. L'opposizione conta su un sistema mediatico amico per buttare in vacca le iniziative del centrodestra e va sul velluto.

 


Altro bersaglio facile è l'iniziativa di alzare a 60 euro il tetto dei pagamenti che i commercianti possono rifiutarsi di incassare se fatti per via elettronica, tramite il fatidico Pos, la macchinetta che legge bancomat e carte di credito. Solo pochi mesi fa, l'esecutivo Draghi aveva fissato il limite a 30 euro, prevedendo multe ridicole, del 4%, per i trasgressori. Un favore a tassisti e negozianti, attacca l'opposizione, che ha in odio le due categorie. Un atto di giustizia, replica il governo, la cui massima preoccupazione sono i vincoli legati al Pnrr che l'esecutivo Draghi ha messo in materia e che quello Meloni non ha ancora capito come superare.


COMMISSIONI BANCARIE
Quanto al merito, in realtà la nuova norma ha finalità che vanno oltre la ricerca del consenso. Le commissioni bancarie infatti incidono mediamente dell'1% sulla transazione. È la misura del corrispettivo del servizio che gli istituti di credito offrono. Tutto bene se acquirente e venditore sono d'accordo; se però l'intesa non c'è, l'obbligo di Pos si traduce in obbligo di stecca. Le autorità, e i cittadini, si sono in questi mesi rivelati più pratici dello Stato e le multe si contano sulle dita di una ma no.

 

 


Equiparare il contante all'evasione è un facile esercizio, che ha qualche fondamento nella logica ma è stato inaspettatamente smentito dai fatti, visto che in Italia il picco dell'evasione si è avuto con il tetto massimo di contanti a mille euro, ed è sceso quando il limite è stato alzato a duemila. Consentire a chi batte scontrini infe riori a 60 euro di pretendere il pagamento cash non viene incontro ai nababbi ma a categorie sulle quali la scure dello Stato si abbatte spietata da decenni e tiene in considerazione che, in genere, laddove il costo è più basso, i margini di ricavo sono minori e quindi la commissione bancaria pesa di più. Addirittura, sotto quell'importo può capitare che l'esercente ci perda, cosa che lo Stato non può obbligarlo a fare.


Quanto a favorire l'evasione, la critica mal si concilia con gli 80 milioni stanziati per favorire l'uso del bancomat nei pagamenti, coprendo interamente le spese ai commercianti che comprano il Pos. Sono aiuti che testimoniano come la direzione del governo sia nell'incentivare la moneta elettronica, anche perché la tracciabilità aumenta il Pil nominale. Una cosa però è promuovere e agevolare, altra è obbligare. Ed è qui che sta la rivoluzione culturale del centrodestra, che spinge verso l'allargamento delle libertà fino ai loro limiti sostenibili, invertendo l'indirizzo degli esecutivi progressisti, che tendevano al controllo e alla limitazione massima delle individualità, anche nella loro elementare scelta di preferire il contante  alle carte di credito.

Ascolta "La verità sul conto cointestato" su Spreaker.

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