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Sondaggio, "Documento Bussola": scoppia il panico, Pd alla fine

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Enrico Letta

Fausto Carioti
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«Dunque, noi vogliamo sapere: per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?». Più che a Marx, Feuerbach e Lenin, tutti evocati nella prima riunione del comitato costituente del Pd (a conferma della freschezza del dibattito che ferve a sinistra), è a Totò e Pep pino alle prese col vigile milanese che qui bisogna fare riferimento. Il Pd è messo come loro: in territorio ignoto e ostile, non sa che strada prendere. Così ha deciso di chiedere indicazioni agli elettori, come un'azienda incerta su quale prodotto mettere sul mercato interpella i propri clienti: preferite il caffè nero e robusto o quello decaffeinato all'aroma di vaniglia? Per questo da qualche giorno, tra gli iscritti e i simpatizzanti del partito, gira il link per fare un sondaggio online ospitato sul sito dell'istituto Ipsos. Il suo nome ufficiale è «Documento Bussola» (si sono persi, appunto), a compilarlo s' impiega una mezz' oretta e l'idea di proporlo è venuta al "comitatone" di 87 persone (eletti, intellettuali e varia umanità) che dovrà lavorare al nuovo "Manifesto dei valori e dei principi". O meglio è venuta ai suoi garanti, che sono Enrico Letta e Roberto Speranza. È destinato, spiegano i democratici, a «tutti coloro che, singolarmente, vogliono dare il proprio contributo a questa fase costituente». A stilarlo ha contributo la Friedrich Ebert Stiftung, «fondazione tedesca vicina alla Spd, che segue e arricchisce il dibattito socialdemocratico in diversi Paesi europei». La fondazione Gramsci, l'istituto Cattaneo e gli altri centri studi italiani d'area progressista ringraziano.

 


SENZA IDENTITÀ
Impossibile sapere ora se le risposte saranno di un qualche interesse. Quelle domande, però, fotografano in dettaglio la crisi d'identità del partito, svelano il suo brancolare in una notte nera in cui tutte le vacche sono nere (questo è Hegel) ed ogni idea è indistinta e può essere scambiata con il suo opposto. Siamo troppo statalisti o troppo liberisti?
Dobbiamo essere giustizialisti o garantisti? Meno tasse ai lavoratori o alle imprese? Dilemmi che vanno oltre l'aspetto organizzativo e riguardano i valori e il ruolo nel mondo di un partito progressista. Esaurita la profilazione (sei uomo, donna o astenuto, vivi in centro o in periferia, eccetera), la seduta di autocoscienza entra nel vivo chiedendo cosa dovrebbe fare il Pd se si trovasse ancora una volta davanti al bivio del febbraio 2021: da un lato, «la responsabilità di dover governare per affrontare le emergenze del Paese anche con esecutivi sostenuti da maggioranze eterogenee»; dall'altro, «insistere sulle proprie battaglie identitarie a scapito delle possibilità di governare». Dovesse succedere di nuovo, quale sarebbe la scelta giusta? Il rispondente metta la croce sulla casella preferita.


Per quello che sino a poche settimane fa si identificava come «il partito di Draghi», significa mettere in discussione la scelta più importante della scorsa legislatura.
Altro arrovellamento: «Quali sono stati i problemi principali del Pd negli ultimi anni?». Forse l'errore sono state «proposte politiche troppo moderate». Oppure (diverse righe più sotto) «proposte politiche troppo radicali». Il partito potrebbe avere avuto «una cultura politica ancora troppo statalista e poco liberale». O magari aver commesso il peccato contrario, quello di «una cultura politica troppo liberista e poco di sinistra». Chi lo sa, chi può dirlo? Nel dubbio, c'è una risposta che sbagliata non è di sicuro: «Leader deboli e poco carismatici».

 


TRA ATOMO E RINNOVABILI
E quali sono le proposte da portare «assolutamente avanti» nei prossimi anni? Serve un «pacchetto di riduzione della pressione fiscale a favore delle imprese» oppure il «taglio delle tasse sul lavoro a favore dei lavoratori»? Il Pd deve battersi per «una riforma della giustizia che inasprisca le pene per i reati di corruzione e annulli la prescrizione», quindi per le bandierine del giustizialismo, oppure fare l'esatto opposto, «promuovere una riforma della giustizia che aumenti le tutele per gli imputati e riduca il potere dei magistrati»? Insomma, dobbiamo rimpiangere Bonafede o appoggiare Nordio? E sull'energia occorre un «grande piano per la transizione ecologica, a partire da rinnovabili e modalità sostenibile», o è meglio svilupparne uno «che preveda la costruzione di centrali nucleari di ultima generazione»? Si accettano suggerimenti. In una pagina del questionario si chiede se il Pd debba battersi per «sicurezza, ordine pubblico e contrasto alla criminalità comune», parole d'ordine che più di destra non si può, e poco più avanti, con identica disinvoltura, si suggerisce di inserire tra le «priorità tematiche ed identitarie» del partito la «legalizzazione dell'autoproduzione di cannabis per uso personale». C'è ogni cosa e il suo contrario nel possibile futuro del Pd e anche nella testa di chi lo guida. Auguri al malato e a chi dovrà curarlo. 

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