Cerca
Cerca
+

Marco Pannella, la vera "famiglia radicale" nel libro di Eugenia Roccella

Fausto Carioti
  • a
  • a
  • a

Capita che uno scriva il libro di una vita, anzi di più vite, come vedremo tra poco, e un giorno scopra di essere diventato ministro. Che fare? Perché in quelle pagine è messa a nudo una famiglia particolarissima, nella quale è passata una fase importante della storia dell’Italia laica del dopoguerra: l’Unione goliardica italiana, la nascita del Partito radicale, l’ascesa di Marco Pannella e della sua tribù. E quindi le battaglie per il divorzio e l’aborto, i rapporti col Partito comunista e quello socialista, Pier Paolo Pasolini e tanti altri. Tutto raccontato senza fare sconti, nemmeno a Franco Roccella e sua moglie Wanda Raheli, i genitori dell’autrice. 

I loro vizi privati, le debolezze e i tradimenti sono in quelle pagine, accanto alle loro virtù pubbliche, testimoniati da chi ha visto ogni cosa perché era lì. E allora, appunto: che fare di quel corposo file quando diventi ministro della Famiglia? Lo lasci nel computer e per pubblicarlo aspetti che il tuo incarico di governo sia finito? Oppure prima di darlo alle stampe levi tutte le parti imbarazzanti e magari imbelletti certi episodi, cedi alla tentazione di creare la “narrazione” perfetta per fare innamorare di te e della tua storia chi legge? Non saresti certo il primo politico a fare una cosa simile.

Eugenia Roccella ha preso la terza strada, quella più coraggiosa o incosciente: tirare dritto come se nulla fosse. Così il suo Una famiglia radicale (Rubbettino, pp. 190, 16 euro) arriva oggi nelle librerie come era stato pensato e scritto prima del governo, del voto e della candidatura nelle liste di Fdi. Raccontare le persone e i fatti come sono stati, nella convinzione che ogni altra scelta sarebbe tradimento.

Al centro della scena c’è Franco Roccella, siciliano di Riesi classe 1924, primo presidente dell’Ugi e uno dei fondatori del Partito radicale. Già il suo matrimonio con l’attrice bolognese Wanda, celebrato in sordina nel capoluogo emiliano quando Eugenia, l’io narrante, era nata da un anno, fu un gesto radicale, uno scandalo per le tradizioni familiari. Il quarto protagonista è Marco Pannella, membro acquisito della famiglia: nell’abitazione romana dei Roccella è stato di casa e sua sorella Liliana, ancorché non credente, fu la madrina che Eugenia scelse per la comunione (la fede non è una scoperta tardiva dell’attuale ministro, che fu radicale atipica).

UNA DIPENDENZA FILIALE
Proprio attorno al rapporto tra Franco Roccella e Marco Pannella ruota il dramma umano e politico narrato nel libro. Un legame «intenso per tanti anni, con momenti di dipendenza filiale da parte del giovane Pannella», e destinato a rovinarsi ed avvelenirsi in età avanzata, ma mai fino in fondo, almeno da parte di Franco: mai al punto da fargli rinunciare di essere «vittima del figlio». La storia del suicidio tentato dal trentenne Pannella nel 1959, in un alberghetto di Cattolica, è accennata da Gianfranco Spadaccia nella sua storia del Partito radicale: «Una notte dell’estate del 1959 mi svegliò Franco Roccella per dirmi che Marco aveva tentato il suicidio, tagliandosi le vene in un albergo della riviera adriatica. Non ho mai saputo le ragioni del suo gesto».

Nel libro di Eugenia, che intorno ai vent’anni fu «entusiasticamente pannelliana» e condivise l’obiettivo politico di «far saltare il consociativismo e l’accordo strisciante tra Dc e Pci», questo lato buio del leader radicale emerge potente. «Papà», racconta, «trovò il suo amico nella più classica delle situazioni da tentato suicidio: in un lago di sangue, con le vene dei polsi recise. Non so, o forse so, come Franco poté avere qualche sospetto, qualche vaga ma pressante urgenza. Fatto sta che salvò Marco: lo salvò veramente, perché quel tentativo non era inscenato allo scopo di essere sventato. Franco ne era certo». E le ragioni stavolta si intuiscono, perché l’omosessualità di Pannella e il suo privilegiare, anche politicamente, «prescelti sempre giovani e carini», non sono nascosti dall’autrice. «C’era poi la spinosa questione della libertà sessuale femminile, e peggio, degli omosessuali, i garrusi», scrive rievocando le discussioni del padre con la famiglia d’origine. «Sul tema non c’erano accomodamenti possibili. Franco si lanciava in infervorate perorazioni a favore della sessualità libera» e in questo modo, «senza ammetterlo, difendeva Marco». Non è difficile capire cosa intenda, dunque, quando racconta che «per Franco il tentato suicidio» dell’amico «era disperato rifiuto di sé».

LE CARTE CHIUSE NEL CASSETTO
A Franco Roccella, come a un vero genitore, Pannella doveva quindi la vita. E anni dopo il divoratore di figli divorò pure il padre, dopo averlo fatto eleggere in parlamento. «Per scansare Franco, che non costituiva un reale pericolo, ma ingombrava la strada e rompeva le scatole, spostò il conflitto su un terreno dove l’amico era sicuramente perdente, quello dei soldi». Come altri, Franco Roccella non riusciva a dare al partito la quota dell’indennità parlamentare che ogni eletto radicale si era impegnato a versare. «Era oberato dai debiti e Marco lo sapeva. Pannella gli scrisse ingiungendogli di sborsare immediatamente la somma dovuta, altrimenti il tesoriere avrebbe messo all’incasso da un giorno all’altro un assegno da 40 milioni firmato da Franco e consegnato come garanzia all’inizio del mandato». Quei soldi li trovò la figlia nottetempo, chiedendoli in prestito ad amici. 

L’assegno fu incassato ed il padre abbandonò il gruppo parlamentare radicale. Non finì lì, ovviamente. Negli anni seguenti la «furia pannelliana» si rovesciò su Franco. Pur continuando a chiamarlo «fratello più che amico», gli inviava lettere di minacce e accuse di «viltà e menzogna», che in parte sono riportate nel libro e aggiungono dettagli a quei tratti oscuri del leader radicale noti solo a chi gli era vicino. Un «radicale deluso» fornì al padre del futuro ministro «carte che potevano danneggiare l’immagine pubblica di Pannella». Franco Roccella non le usò mai. «C’è poco da fare: Marco è anche parte di te stesso, anche se degenerata, e la speranza di recuperarla, o la debolezza di non vedere, è grande», gli aveva scritto il radicale ignoto nella lettera che accompagnava quei documenti, sapendo già che sarebbero rimasti in un cassetto. Franco Roccella morì nel dicembre del 1992, dopo anni di malattia. Nel suo necrologio, sul Messaggero, Pannella pianse «la morte di un fratello e amico indimenticabile e prezioso».

Dai blog