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Concita De Gregorio lascia i social? Il sospetto: cosa c'è dietro

 Concita De Gregorio

Fabrizio Biasin
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Buongiorno signora Concita De Gregorio, la prima cosa che mi preme dirle è che mi rivolgerò a Vossignoria evitando il volgarissimo “tu” e questo perché ben so quanto Lei tenga alla forma e al rispetto dei ruoli. Userò il Lei, con la elle maiuscola. Tra l’altro, noi neanche ci conosciamo e, quindi, mi sembra il minimo.
Ecco, prenda questa lettera per quello che è, il misero consiglio di un piccolo collega che, banalmente, frequenta con costanza - e certamente con inclinazioni ossessivo-compulsive - il maledetto universo dei social, la cui massima espressione del “male” è rappresentata dal muschioso Twitter, ovvero la comunità dei cinguettanti (“muschioso” da Musk, il legittimo proprietario).

 

 

Veniamo al punto. In un articolo pubblicato su La Stampa Lei lancia un accorato appello: «Fate presto, uscite dai social! È tempo di salvarsi e diventare padroni di noi stessi». Quindi argomenta parlando proprio delle sue intenzioni: «Ce la posso fare, devo solo pensare alla vita di prima. Me lo ricordo, quando la libertà di dire non era mai attraversata dal pensiero: “Pensa che giornata mi aspetta domani”. Era meglio, senza dubbio. Era sano lavorare senza la preoccupazione preventiva del sabba infernale che comunque, anche se ti sforzi di ignorarlo, non ignorate. C’è sempre un amico che ti avvisa: “Sei in tendenza, hai visto?”. Tendenza.
Che parola assurda (...) Che trappola». Calma, signora Concita, faccia un bel respiro.

 

 

Cioè, io capisco quel che dice, lo capisco davvero, pensi che ogni santo giorno incasso dozzine di vaffanculi, svariati «pelato dimmerda», ma anche simpatici «se ti incontro ti investo» e «ho visto tua mamma in tangenziale, ma non a bordo di una macchina» e così via. Sa, signora Concita, il qui presente tratta il volgarissimo “calcio” e neppure può immaginare quanto un pallone rotolante sia in grado di attirare odiatori e gente che vorrebbe virtualmente sgozzarti il gatto. Ecco, “virtualmente”. Dia retta, Concita, non serve dare tutta questa imporLe confido un segreto, signora Concita: abbandonare i social forse le permetterà di vivere più serenamente, ma le impedirà di comprendere se sta seguendo la strada giusta o quella sbagliata. E lei mi dirà: «Chissenefrega». Per carità, legittimo, ma non si nasconda dietro a frasi come «Siamo sicuri che i social media manager facciano un lavoro utile a loro e a noi, camuffando continuamente la vera natura delle persone?».

Come se nella vita reale non esistessero le “maschere” (ha presente Pirandello?), quelle che portano le persone a non dirti mai quello che pensano realmente, ma solo quello che vuoi sentirti dire. 

Quanto alla sua chiusura («Non mi preoccuperò, nello scrivere queste righe, delle reazioni che scatenerà sui social domattina»), gentile Concita, magni tranquilla: ’sta faccenda non se l’è filata quasi nessuno. Che poi è il vero rischio di chi dice «lascio i social» ma poi non ce la fa e spia dal buco della serratura per vedere se il mondo va avanti anche senza il suo pensiero. E la risposta, amarissima, è sempre la stessa: sì, il mondo va avanti lo stesso.

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