Cerca
Logo
Cerca
+

Matteo Piantedosi "questurino"? Le divise stanno col ministro

Matteo Piantedosi

Andrea Valle
  • a
  • a
  • a

 La filosofa Donatella Di Cesare lo aveva attaccato nei giorni scorsi dicendo che «parla da questurino». Lui, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha risposto in commissione alla Camera dicendosi «orgoglioso di essere giudicato così». E ieri gli agenti e i funzionari della polizia si sono schierati con il titolare del Viminale. «Spiace dover ascoltare una stimata docente universitaria, una donna che tiene conferenze in prestigiose aule in Italia ed all’estero usare il termine “questurino” in modo spregiativo ed ingiurioso durante una importante trasmissione televisiva» dice il portavoce dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, Girolamo Lacquaniti. 

«Prima di tornare a dare il proprio contributo nei dibattiti tv porga le sue pubbliche scuse per aver mancato di rispetto alle donne e gli uomini della Polizia di Stato che ha voluto bollare con tanto disprezzo come “questurini”» Ieri Lorena La Spina, consigliere dell’Associazione nazionale funzionari di polizia: La Spina ha scritto una lettera aperta alla filosofa. «La professoressa a Dimartedì, pochi istanti prima dell’attacco a Piantedosi, aveva citato La banalità del male di Hannah Arendt, ricordandone la scaturigine nell’incapacità di immaginare, di mettersi nei panni dell’altro. Sorprendente nemesi, in effetti.

 

L’Associazione nazionale funzionari di polizia rappresenta le centinaia di colleghi che ogni giorno lavorano con l’obiettivo di rendere migliore la vita degli altri. La invitiamo caldamente a ripensare alle sue parole e a mettersi nei panni dei tanti poliziotti, che con altezzoso disprezzo ha inteso svilire, definendoli indistintamente “questurini” (tutti quanti, medici inclusi, perché tra di noi ci sono anche quelli). E l’associazione la invita a chiedere scusa. Perché solo questo potrebbe porre rimedio alla banalità dello stesso “male” da lei rimproverato al ministro e a noi “questurini”, in cui pure è incorsa con un’enorme superficialita». Sono troppi, secondo l’associazione, i nomi dei caduti della Polizia di Stato, che col loro sacrificio hanno onorato l’impegno assunto nei confronti del Paese. «I “questurini”» conclude La Spina, «forse lei non li conosce bene e magari, chissà, qualche volta potrà in futuro persino capitarle di averne bisogno, con la certezza di trovare in loro comprensione, umanità ed ascolto».

 

Proprio ieri è stato ricordato Emanuele Petri, il poliziotto ucciso il 2 marzo 2003 dopo aver identificato su un treno i terroristi Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce, i capi delle Nuove Br. «L’intuito di Petri ed il suo sacrificio per garantire la sicurezza di questo Paese» dice Enzo Letizia, segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, «ancora colpito dalla coda degli ultimi brigatisti, permise agli investigatori di assicurare alla giustizia anche gli assassini di Massimo D’Antona e Marco Biagi».

Dai blog