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Elly Schlein apre a Bonaccini? Retroscena: l'intesa non c'è

Schlein e Bonaccini

Elisa Calessi
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Tenere unito il Pd, ma garantendo, allo stesso tempo questo ha chiesto il governatore emiliano - il pluralismo delle idee. Il che significa, riconoscere alla parte sconfitta, all’area riformista, che però ha raccolto quasi la metà dei voti alle primarie e più della metà del voto degli iscritti, di essere adeguatamente rappresentata.
Nella linea politica e nei ruoli.

Questo, in sintesi, il nocciolo dell’incontro tra Elly Schlein, neo-segretaria del Pd, e Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, sconfitto alle primarie. L’incontro, durato un’ora e mezza e che si è svolto nella sede della federazione del Pd di Bologna, è stato «interlocutorio», secondo gli staff di entrambi. Significa che dovranno rivedersi per dettagliare i principi generali in scelte concrete, operative. E va fatto prima dell’assemblea nazionale del 12 marzo, dove sarà eletto il parlamentino del Pd, la direzione nazionale.

 

 

NUMERI IN ASSEMBLEA - Si è registrata, però, da parte di tutti e due, la «volontà di collaborare». Schlein ha teso una mano verso il suo avversario, il quale si è dimostrato pronto a prenderla. Il punto su cui si è chiuso è che il Pd va tenuto unito, a tutti i costi. Entrambi si rendono conto del rischio di spaccature o di silenziosi esodi. Guai a prestare il fianco a chi vuole dividerlo. Sarebbe un regalo alla destra e ai più vicini competitor (Terzo polo e M5S). Tutti devono sentirsi a casa. Per questo è interesse di entrambi trovare un modo per tenere dentro quel 46% che ha votato Bonaccini alle primarie.

Ma ancora non si è definito il “come”. Non si tratta solo di stabilire un ruolo per il governatore dell’Emilia Romagna. Si è parlato, per lui, della presidenza del Pd. Ipotesi che a Bonaccini potrebbe anche andare bene. Ma il problema non è solo lui. La presidenza, spiegano dalle sue parti, deve essere parte di un accordo che tiene dentro la direzione nazionale e i capigruppo di Camera e Senato, che Schlein è intenzionata a cambiare. «L’intesa va trovata su tutto», spiega una fonte vicina a Bonaccini. Partendo da un numero: quel 46% di elettori che ha votato il governatore emiliano alle primarie. Percentuale che consegna, alla Schlein, un partito sostanzialmente diviso in due. Spaccatura che sarà rispecchiata nei nuovi organismi dirigenti. A cominciare dall’assemblea dei delegati, che il 12 eleggerà formalmente il nuovo segretario: su 600 membri (esclusi quelli di diritto), Schlein potrà contare su circa 333 delegati, Bonaccini su 267. Numeri che avranno componenti che risponderanno ai rispettivi capicorrente. Per tutte queste ragioni, si dice dalle parti di Bonaccini, l’intesa deve essere su tutto.

 

 

La fortuna, spiega chi conosce la segretaria del Pd e il presidente dell’Emilia Romagna, è che il loro rapporto è saldo e precedente allo scontro delle primarie.

PLURALISMO SENZA LITI - «Ci siamo trovati», ha detto Schlein, alla fine dell’incontro, «nella necessità di assicurare la massima unitarietà all’avvio di questa fase nuova per il Pd. Abbiamo avviato un confronto che proseguirà in questi giorni, perché l’interesse comune che abbiamo è proprio quello di lavorare insieme sul rilancio di questo partito e sulle prossime sfide che ci aspettano». Sulla eventuale presidenza a Bonaccini, ha assicurato che «forme e modi li vedremo, ci ragioneremo insieme. Intanto, per noi era importante ritrovarci su questo spirito unitario». Bonaccini ha spiegato di aver voluto ribadire a Schlein «che se fosse toccato a lei avrei fatto in modo di dare una mano. Le forme e i modi le vedremo, valuteremo insieme cosa è più utile disporre dal punto di vista operativo e dei ruoli», ha ripetuto usando quasi le stesse parole della neo-segretaria. «A me quello che interessava oggi è provare a dare davvero unità a questo Pd. Ne ha sofferto nel recente e lontano passato, vorremmo evitare di nuovo fratture o divisioni personalistiche. Penso che le magliette che abbiamo indossato ognuno di noi al congresso vadano tolte, adesso c'è solo la maglietta del Pd». Quello su cui entrambi si sono detti d’accordo, ha detto ancora il governatore. Unità, dunque. Ma senza dimenticare, ha avvertito Bonaccini, che «il Pd è pluralista. Se non ci fosse il pluralismo, il Pd finirebbe». 

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