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Inchiesta Covid, Sileri liquidato dal ministero: "Scenario di bassa gravità"

Luca Puccini
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L’inchiesta sulla prima fase pandemica (anche se ora sarebbe più corretto dire “le inchieste”) un pregio ce l’hanno: stanno facendo emergere, non tanto sul piano penale ma su quello dell’opinione pubblica, l’aria che si respirava, in quel dannato febbraio del 2020, nei palazzi della politica. Che poi sono gli stessi palazzi deputati a prendere decisioni quando ti piomba in casa un virus che nessuno ha mai visto e che manda il mondo nel panico. Perché è necessario partire sempre dalla considerazione che nessuno, ma proprio nessuno, aveva capito la gravità della situazione: prima del “paziente zero” di Codogno e, per la verità, nemmeno subito dopo. Va ribadito: l’impreparazione governativa non può essere un reato (sennò, avremmo altro che i tribunali intasati), però ricostruire quanto accaduto è indubbiamente utile.

 


Oggi tiriamo un respiro di sollievo (l’ultimo bollettino settimanale, rilasciato dal ministero della Sanità venerdì scorso, parla di 26.684 contagi complessivi, in calo del 9,4%, e di 228 morti in qualche modo riferibili al Covid, la metà dei 400 e rotti, di media, del febbraio 2021). Tre anni fa andava diversamente. E quel che andava è quanto stanno cercando di ricostruire i magistrati di Bergamo, al netto del fatto che dove poi finirà a parare, dal punto di vista giudiziario, quest’inchiesta sarà da vedere. In goni caso, sono stati spulciati i resoconti delle task force ministeriali di allora e istituite proprio per far fronte all’emergenza. E dagli stralci emerge che il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri (allora Movimento 5 Stelle), prima del pandemonio generale, aveva fatto un viaggio in Cina e, una volta rientrato in Italia, «rappresentò le preoccupazioni che erano emerse»: lo ha dichiarato alla magistratura orobica Agostino Miozzo, uno dei componenti del Cts (il Comitato tecnico scientifico) e uno dei diciannove esperti coinvolti nell’inchiesta.

 

 


Miozzo ha aggiunto che Sileri non aveva mica sorvolato sulla «necessità di attrezzarci immediatamente con l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di ventilatori». Insomma Sileri, che è persona competente e che ha sempre parlato pane al pane (non per caso non è tra gli indagati), l’aveva detto ai suoi: attenzione, perché qui sta per scoppiarci una bomba tra le gambe, e aveva chiesto di «effettuare una ricognizione sui reparti di malattie infettive esistenti, sul numero dei posti letto dedicati 24 ore su 24, sul numero dei respiratori e del personale disponibile». Giuseppe Ruocco, all’epoca segretario generale del ministero e ora tra gli indagati, avrebbe però risposto che era «sufficiente» una «mappatura rispetto a uno scenario di bassa gravità». Queste circostanze, ha continuato Miozzo, «ci furono rappresentate i primi di febbraio», più o meno nelle stesse ore in cui il ministro Roberto Speranza metteva da parte il piano pandemico influenzale perché non c’era scritto “coronavirus” sulla copertina. Sileri «fu molto preciso», ha ancora specificato Miozzo, solo che «rispetto alle sue preoccupazioni non ci fu una specifica discussione sul punto, né furono assunte iniziative».


Ma c’è dell’altro. C’è un documento intitolato “Indicazioni operative, Emergenza nazionale, epidemia in Cina, virus nCov-2019” (qui la scritta “coronavirus” era bella in evidenza) che il 28 gennaio, sempre di quel dannatissimo 2020, Miozzo avrebbe allegato a una mail partita in direzione del ministero della Salute. Alla casella di posta elettronica dello stesso Ruocco. Tra l’altro, Giuseppe Ippolito (ex direttore scientifico dell’istituto Spallanzani di Roma, anche lui indagato nella maxi-inchiesta sul Covid), secondo l’ennesimo resoconto di quei giorni, il 29 gennaio del 2020, avrebbe consigliato, senza girarci troppo attorno, di «riferirsi alle metodologie del piano pandemico di cui è dotata l’Italia». Piano che c’era, lo sappiamo. Datato di almeno quattordici anni, ma c’era. E qualcosa, forse, avete potuto fare. Non sta a noi (che non siamo scienziati) dire se e come e in che misura avrebbe potuto arginare un problema che, alla prova dei fatti, è stato impossibile arginare: ma resta che sia Sileri, sia un documento con le “indicazioni operative”, sia Ippolito qualche avvisaglie le avevano sollevate. 

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