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Vittorio Feltri su Ignazio La Russa: "Il suo unico errore"

Ignazio La Russa

Vittorio Feltri
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Adesso che le acque si sono calmate vorrei dire due parole, se non tre, a proposito della polemica scatenata dalle dichiarazioni di Ignazio La Russa sulla strage di via Rasella a Roma. Egli ha detto che le vittime dell’eccidio costituivano una banda non di feroci nazisti assetati di sangue, ma un gruppo di anzianotti per giunta disarmati. Questi termini hanno fatto scandalo e provocato una reazione smodata nel solito giro di esaltati antifascisti immaginari. Secondo i quali il massacro fu il risultato di una nobile azione di guerra anche se la ritorsione degli hitleriani fu feroce: infatti i tedeschi fucilarono un numero notevole di italiani innocenti. Un obbrobrio senza precedenti.

 

 

 

Ora desidererei dire al presidente del Senato che ha sbagliato non a divulgare la sua opinione contraria a quella dei conformisti di sinistra, bensì a chiedere scusa per aver ecceduto nel suo commento. Non ha nulla da farsi perdonare, visto che in democrazia qualsiasi opinione, pur discutibile, è lecita. Almeno su questo punto persino i progressisti nemici dei fascisti, morti tutti, dovrebbero essere d’accordo. I giudizi sulle vicende del passato remoto spettano agli storici, non a quattro sfigati nostalgici del comunismo che, quanto allo sterminio di cristiani detengono il primato mondiale.

 

 

 

INDRO E BAFFONE

La Russa è un parlamentare di lungo corso, è stato ministro e ora è la seconda carica dello Stato eletto a larga maggioranza. Nonostante ciò egli è perseguitato dal Pd e gruppi affini perché ha detto pubblicamente di possedere il busto di Benito Mussolini, quasi che conservare un cimelio fosse un reato. Rammento ai lettori che anche Indro Montanelli aveva sulla propria scrivania una statuetta raffigurante Stalin, che non era certo un mite democristiano. Chiesi al grande giornalista perché esibisse quell’oggetto imbarazzante, e lui senza fare una piega mi rispose: Baffone è l’uomo che ha fatto secca una quantità ineguagliabile di comunisti. Una verità che nessuno mai ha osato contestargli. Aggiungo un dettaglio personale: pure io posseggo un testone del duce, regalo di un oste. Non mi è nemmeno passata per la mente l’idea di alienarlo e lo espongo nel mio ufficio di Libero, sopra la mia nutrita libreria. Dovrei gettarlo nella spazzatura per compiacere quelli dell’Anpi e magari financo Elly Schlein? Non ci penso nemmeno ovvero me ne frego fascisticamente delle critiche dei cretini. 

 

 

 

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