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Russia-Ucraina, "no" alle armi a Kiev? Chi sono i "pacifessi" un po' filo-Putin

Iuri Maria Prado
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Strano il rapporto del pacifista con le armi. Diciamo che la misura in cui ne deplora l’invio e l’utilizzo dipende dall’identità di che le invia e le utilizza, e dal motivo per cui chi le riceve ne fa uso. Prendile armi che sono inviate dalle democrazie occidentali all’Ucraina, e da questa usate per difendersi dall’aggressione russa. Armi oscene. Armi cui opporre l’invocazione del dovere morale della resa degli aggrediti, e la lotta per il trionfo della pace da ottenere non con la cessazione dell’aggressione ma, appunto, con il disarmo di chi la subisce. Diverso è l’approccio pacifista quando le armi sono inviate dalle teocrazie e dalle dittature alla Russia, e da questa usate per massacrare i civili ucraini. In questo caso il pacifista si fa per così dire soprappensiero.

Ci sarà sicuramente un motivo profondo per cui il drone persiano e il missile nordcoreano che fanno strage in Ucraina sono assolti dalle imputazioni pacifiste invece rivolte ai sistemi adoperati per neutralizzarli.

 

Resta che quei dispositivi mortiferi sfuggono alle attenzioni delle militanze per la pace, il cui orrore per le armi inopinatamente si fa recessivo se a farne invio è un regime dispotico e se a farne uso è chi è costretto a subire la reazione dei guerrafondai, tra i quali gli sconsiderati che si arruolano per difendere i covi nazisti camuffati da asili e da ospedali. Ma probabilmente l’impostazione pacifista è di tipo realistico -utilitario. Poiché non si può avere tutto subito, cominciamo almeno da qualche parte: intanto diciamo no alle armi per difendere l’Ucraina, che metà del lavoro sul cammino della pace è fatto. Il resto lo fa la Russia, con le armi che ha ricevuto dai tagliagole mentre il pacifista guardava altrove.

 

 

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