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Osvaldo Napoli, stoccata a Renzi: "Non è in condizione di scaricare nessuno"

Elisa Calessi
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Osvaldo Napoli, ci spiega il vero motivo per cui il Terzo Polo è morto? È questione di carattere, progetti alternativi o soldi?
«Non è saggio celebrare un funerale prima di aver fatto il battesimo. La proposta, nel nostro caso il progetto politico, deve sempre prevalere sui caratteri. La morte del Terzo Polo è “leggermente esagerata” per dirla con Mark Twain. Non c’è più l’intesa con Italia Viva, ma non è venuta meno l’esigenza di un polo liberal-democratico, europeista e riformatore. Vorrà dire che con Azione cominciamo a fare da soli quello si pensava di poter fare insieme».

Matteo Renzi si era detto disposto a cercare una soluzione sulla famosa bozza. Calenda, invece, ha chiuso le trattative. Perché?
«Calenda e Renzi sono vittime, in modi diversi, dei retroscena. Questo fa danni incredibili. Se Renzi e i dirigenti di Iv erano davvero disponibili a trattare dovevano però anche darsi un termine temporale. Calenda può essere a tratti spigoloso, ma la sua lealtà nei rapporti è assoluta».

Le questioni che hanno mandato tutto all’aria sono la scelta di Iv di fare la Leopolda e i soldi da dare al nuovo partito. Ma non sono piccole cose rispetto a un progetto politico?
«Quando si rompe un rapporto di fiducia non ci sono più cose piccole. Tutto diventa grande e ingombrante. Se Renzi avesse coltivato un rapporto fatto di schiettezza, anche ruvida, niente sarebbe apparso un ostacolo. Alla Leopolda si poteva andare tutti a celebrare il Terzo Polo: Renzi avrebbe aperto e il segretario, Carlo, avrebbe potuto chiudere la manifestazione. Tutto questo presupponeva un clima di fiducia, di serenità famigliare».

Da Iv dicono che Calenda aveva già deciso di rompere perché pensava che Renzi lo volesse scaricare dopo le Europee. È così?
«Guardi, la sua domanda ripete implicitamente l’accusa che da Iv arriva a Calenda, di essere cioè ossessionato da Renzi. Calenda è una persona di assoluta lealtà, una qualità che in politica è spesso confusa con la dabbenaggine o l’ingenuità. E Renzi, che è tutt’altro che ingenuo, non è oggi né lo sarà dopo le Europee, in condizione di scaricare nessuno. A meno che non stia lavorando ad altri progetti politici. A me però sono ignoti».

Possiamo dirlo che sia Renzi sia Calenda hanno due ego smisurati?
«Possiamo dirlo. Però con un corollario: sono due persone di grande intelligenza e sanno che la personalizzazione della politica brucia leader nello spazio d’un mattino. Calenda e Renzi sanno anche che nel ruolo di mattatore puoi durare fino al primo inciampo. Poi le luci si spengono. Un partito invece ti da le radici e assicura una durata lunga sulla scena».

Lei ha provato a fare il “paciere”. Ha sentito Calenda?
«Paciere e non arbitro. Perché ho fatto la mia scelta in tempi non sospetti e con Calenda mi sento a casa. Ma con lui e con Renzi sappiamo anche che una casa va costruita sulla roccia, come dice il Vangelo, e non sulla sabbia se non vogliamo vederla crollare al primo nubifragio. Quello che mi ha detto Calenda? Glielo dirò quando suonerà il gong di fine partita».

Si poteva evitare questo finale?
«Si poteva e, da incallito ottimista, sarei tentato di dirle che la partita va ripetuta per impraticabilità temporanea del campo».

Con due partiti al centro, rischiate di non eleggere nessuno alle Europee. Non è un suicidio?
«Alle Europee manca un anno e poco più. Un anno in politica può essere un battito di ciglia o lungo come la traversata di Mosè nel deserto». 

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