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Repubblica tarocca il sondaggio su Giorgia Meloni: caso senza precedenti

Pietro Senaldi
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Tanto guardano solo i titoli. Devono pensarla così i colleghi di Repubblica, alla faccia del rispetto dei lettori, che evidentemente non stimano troppo. Altrimenti non si spiegherebbe perché pubblicano un sondaggio di Ilvo Diamanti che dà il gradimento del premier al 57%, in salita di un punto rispetto all’ultima rilevazione di febbraio, e poi in prima pagina annunciano baldanzosi «Consensi di Meloni in calo». Confondere la realtà con i propri desideri è umano. Quando si tratta di giornali, la conseguenza è disinformare i propri elettori. Intendiamoci, sempre che lo si sia fatto senza dolo, per cieca passione e non per un calcolo che punta sulla vetrina per far passare un messaggio che poi solo la minoranza che andrà a verificare e leggere le tabelle all’interno realizzerà essere falso.

Solitamente governare fa perdere consensi e la luna di miele tra nuovo esecutivo ed elettorato non dura più di quattro mesi, anche meno. Cento giorni, dicono gli esperti. Secondo le rilevazioni dell’istituto Demos però Giorgia fa eccezione: è il leader di partito con il maggior gradimento e l’82% degli italiani scommette che tra un anno sarà ancora a Palazzo Chigi, dove quasi uno su due (48%) è certo che rimarrà fino a fine legislatura. Sarebbe una sorta di record, propiziato dal fatto che per una volta l’esecutivo nasce da una maggioranza che l’opposizione descrive litigiosa e inadeguata ma che si è presentata sotto la stessa bandiera e ha ottenuto i numeri per governare.

 

PREMIERSHIP
E allora come si spiega questa lettura distopica del presente? Presto detto. Il sondaggio riporta anche le percentuali alle quali si attestano attualmente i partiti. Fratelli d’Italia è al 29,3%, oltre tre punti sopra il risultato ottenuto alle elezioni (26) ma 1,2 sotto il picco massimo registrato due mesi fa (30,5). È il tema di questa prima fase della premiership di Giorgia, che gode di una migliore immagine del suo partito. È più o meno così anche per Elly Schlein, la quale vanta un consenso del 36%. È dietro a Berlusconi (39), Conte (40), Bonino (42) e Tajani (42), settima in classifica se si conta anche Draghi (62), ma a Repubblica sanno accontentarsi e titolano enfatici «Balzo del Pd».

In effetti idem, grazie alla nuova segretaria, in due mesi sono risaliti al 20,1%, dal 17,5 al quale erano precipitati sul finire della gestione Letta, ma sono solo un punto sopra il risultato del 25 settembre 2022, quel 19,1% che ha determinato la cacciata di Enrico mai sereno. Con la Schlein noi di Libero non siamo mai stati generosi.

Non ci piace, malgrado riteniamo che la sua elezione sia stata un colpo di fortuna per il centrodestra. La segretaria infatti è quel perfetto mix di idee da assemblea studentesca esposte in maniera sconclusionata e Dna radical chic esibito in modo non armocromatico con la realtà del Paese in grado di garantire lunga vita ai suoi avversari e di spingere i dem nel burrone della sinistra aristo-flop. Però chi dovrebbe stare dalla sua parte, per esempio Repubblica, la tratta peggio di noi. La signora, con una chiamata alla armi e agitando il pugno, recupera voti a sinistra e i giornali che dovrebbero celebrarla esaltano il Pd redivivo e bacchettano la segretaria che l’ha resuscitato solo perché ha confessato di non uscire di casa tranquilla se prima non ha passato l’esame della sua consulente sui colori da abbinare. Non solo tra giacca e pantaloni si intende, ma anche con il colore della pelle, degli occhi e quello del meteo di giornata.

RETORICA E IDEOLOGIA
Vuoi vedere che, con i suoi tre passaporti, Zt-Elly, già l’hanno ribattezzata così, è il solito Papa straniero al quale il Pd consegna le chiavi della ditta per buttarla in retorica e ideologia e far finta di essere disinteressato al potere, che è la vera ragione sociale del partito? Già il potere, quello che i progressisti non perdonano alla Meloni di aver conquistato. Nel sondaggio di Demos c’era anche un’immancabile domanda sul fascismo. L’antifascismo è un valore fondamentale della democrazia? Si chiedeva. Per gli elettori del Pd (56%) sì, per tutti gli altri no. Come a dire che, fuori dal cerchio dem, il pericolo nero può arrivare da ogni parte. Il titolista già si frega le mani pensando a come fregare i lettori anche la prossima volta.

 

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