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Schlein, la scomoda verità che la imbarazza: "Effetto-Elly finito"

 Elly Schlein

Elisa Calessi
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La partita dove si sarebbe dovuto misurare “l’effetto Schlein”, scrive l'Istituto Cattaneo nell’analisi sui flussi di voto delle cinque principali città al voto domenica e lunedì, era Pisa. Lì, più che in ogni altro comune, la neo-segretaria del Pd aveva scommesso tutto, investendo le sue energie, umane e simboliche. Non a caso a Pisa aveva chiuso la campagna elettorale. La città della Torre pendente, dunque, era il test del nuovo corso. Per una serie di ragioni. Primo, si trattava di riconquistare un «bastione della Toscana rossa». E chi meglio di Schlein, la leader vestita (dentro e fuori) di rosso. Secondo, perché, a Pisa, si era costruita un’alleanza che rispecchiava la nuova leadership: insieme al Pd, c’erano il M5S e altre liste di sinistra, mentre il Terzo Polo correva da solo. Terzo, il candidato sindaco, Paolo Martinelli, è un cattolico delle Acli, a dimostrazione che quella tradizione può vivere tranquillamente anche nel nuovo Pd schleiniano. I risultati però sono una doccia fredda.

 

 

INVERSIONE DI MARCIA - Il dato più impressionante, messo in risalto dallo studio del Cattaneo, è contenuto in un numero: 8,5%. È la quota di elettori pisani che alle Politiche del settembre 2022 aveva votato il centrosinistra e che, domenica e lunedì, ha votato il candidato leghista del centrodestra. Stesso percorso che riguarda molti elettori di Azione e Italia Viva: più del 3% di chi alle politiche li aveva votati, questa volta ha preferito il candidato del centrodestra (nonostante ci fosse un candidato di Azione-Iv). Così come rilevante, si fa notare, è il 6,3% di elettori che avevano votato M5S e che, alle amministrative dello scorso weekend, ha preferito astenersi. Nonostante il M5S fosse alleato con il Pd. Se si guarda l’esito delle Amministrative nel loro complesso, nulla è cambiato rispetto a quello che i sondaggi hanno fotografato: «Nel loro complesso, i risultati riflettono le attese ragionevoli sulla base delle intenzioni di voto rilevate dai sondaggi su base nazionale». E non si spostano gli equilibri cristallizzati nelle elezioni di settembre.

Passando ai casi singoli, a Brescia, vince il centrosinistra, ma il candidato, nota l’Istituto di Bologna, era «la vicesindaco uscente e dunque erede di una (lunga) stagione nella quale il centrosinistra ha prevalso sul centrodestra nelle elezioni comunali». Inoltre, «a Brescia città, tanto alle politiche del 2022 quanto alle regionali del 2023, l’area di centrosinistra allargata ad A-Iv è risultata in vantaggio sul centrodestra». Da dove viene, dunque, il 54,8% ottenuto da Laura Castelletti? In gran parte da elettori che già a settembre avevano votato centrosinistra (42%), ma anche dal 4,8% di elettori che avevano votato, alle Politiche, centrodestra e dal 4,5% di chi aveva votato M5S. Castelletti, però, non è certo una dirigente nuova, espressione del nuovo corso.

 

 

Il caso di Vicenza è per certi versi opposto a quello di Pisa. E conferma la lettura del Cattaneo. Qui il Pd non era alleato con il M5S, mentre lo era con Terzo Polo e Verdi-Sinistra. Il candidato sindaco, Giacomo Possamai, è un trentenne scoperto da Enrico Letta, nativo dem ma non schleiniano (all’ultimo congresso aveva sostenuto Bonaccini). Non aveva voluto, in campagna elettorale, nessuno dei big nazionale, segretaria compresa. Eppure non solo, a sorpresa, ha portato il centrodestra - che governava Vicenza - al ballottaggio ed è attualmente in testa rispetto al candidato del centrodestra (46,2% contro 44,1%). Ma, dai flussi, risulta che, oltre a fare il pieno degli elettori di centrosinistra, ha recuperato il 10,1% di elettori che alle Politiche si erano astenuti. Ad Ancona, si legge ancora nello studio del Cattaneo, «troviamo una dinamica simile a quella osservata a Brescia, con la differenza che qui gli elettori di centrodestra non si sono astenuti e sono andati in massa a votare, quasi tutti per Daniele Silvetti», il candidato di centrodestra.

I PENTASTELLATI - A Latina, infine, si registra la «schiacciante vittoria» del candidato del centrodestra, «con una percentuale mai raggiunta prima dal centrodestra neppure nella città nata dalla bonifica dell’Agro Pontino». Gli altri due dati sottolineati dallo studio dell’Istituto Cattaneo sono «la maggiore propensione, da parte degli elettori pentastellati a sostenere i candidati del centrosinistra (3,2%) o ad astenersi e una maggiore tendenza a ricollocarsi verso il centrodestra di una parte degli elettori Az-Iv (2,4%)». A questo quadro si aggiunge un altro elemento, che rimbalza nelle analisi che si fanno, in queste ore, al Nazareno. Il peso del M5S si è dimostrato irrilevante. E nonostante tutti i big del Pd, dalla chiusura delle urne in poi, abbiano moltiplicato appelli a unire le forze per i ballottaggi, Giuseppe Conte non ha risposto e sembra sempre più insofferente alle avances del Pd, tanto quanto, invece, si dimostra sensibile al dialogo con Giorgia Meloni (vedi le nomine). Un’indifferenza che appare particolarmente urticante, visto il ridotto peso negoziale che può vantare il M5S. Motivo per cui in molti cominciano a chiedersi se ne valga la pena. 

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