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Meloni in Tunisia, Boldrini rosica: "Non doveva!", l'ultima sparata

Alessandro Gonzato
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Un’ora e trequarti di colloquio, a Tunisi, tra la premier Giorgia Meloni e il Capo dello Stato nordafricano, Kais Saied. «L’immigrazione irregolare tocca loro quanto noi», ha dichiarato la presidente del Consiglio al termine dell’incontro, «abbiamo convenuto che è fondamentale rafforzare la collaborazione, e l’approccio non può essere solo securitario, deve tenere in considerazione anche il diritto delle persone a non dover emigrare». Saied le risponde: «Lo dico chiaramente, oggi lei è una donna che dice a voce alta ciò che altri pensano in silenzio». La premier ha sottolineato che «l’Italia, anche a livello europeo, si è fatta portavoce di un approccio concreto per aumentare il sostegno alla Tunisia tanto nella lotta alla tratta di essere umani quanto sul pacchetto di finanziamenti», da Bruxelles è arrivato il plauso all’operato del nostro governo, e la sinistra in Italia è rimasta spiazzata, ha schiumato rabbia. Ha iniziato l’ex presidente dem della Camera, Laura Boldrini, per la quale Meloni non avrebbe dovuto stringere la mano a Saied. Boldrini l’ha invitata «a leggere quanto scritto su Repubblica dal studente egiziano Patrick Zaki». Si è aggregato Nicola Fratoianni, di Sinistra Italiana: «Ma davvero Giorgia Meloni e il governo di destra sono convinti che la mossa più giusta per puntare alla stabilità nell’area mediterranea sia quella di sostenere quei regimi nordafricani sempre più autoritari? Temo che la visita non porterà nulla di buono né al popolo tunisino né all’Italia». In effetti hanno portato bene, ai tunisini e agli italiani, le politiche migratorie della sinistra.

 

 


LA COLLABORAZIONE
Dicevamo della Ue. Il commissario agli Affari Interni, Ylva Johansson, ha commentato: «La visita della premier Meloni è cruciale, l’Italia gioca un ruolo costruttivo nelle nostre relazioni con Tunisi, su questo la Commissione e Roma sono alleate nell’aumentare la cooperazione. La Tunisia è un partner chiave, i numeri delle partenze verso l’Italia non sono sostenibili. Dopo la mia missione», ha rivendicato Johansson, «sono calate, ma potrebbe non durare». Il porto di Sfax, nel Sud della Tunisia, da mesi è diventato quello più battuto dalle Ong. Non è un caso che ieri una trentina di persone abbiano raccolto l’appello della Ong “Forum tunisino per i diritti economico sociali” per protestare contro l’arrivo della Meloni, la quale ha inoltre incontrato l’omologa Najla Bouden Ramadan. C’è l’ipotesi di una conferenza mondiale a Roma sulle migrazioni.

 

 


Johansson ha annunciato: «C’è una grande possibilità che giovedì al Consiglio Ue in Lussemburgo arrivi una svolta molto importante sul nuovo Patto perla migrazione e l’asilo». E poi: «Dobbiamo ricordare che il Consiglio non è stato in grado di concordare su questo tema per 7-8 anni». Un altro duro colpo a Pd e sodali. Toh, il commissario Ue ha parlato pure di «rimpatri veloci per chi non è vulnerabile». Alle parole della Ue dovranno seguire i fatti, è chiaro, ma lo è altrettanto che rispetto al passato è un’altra musica. Torniamo alla presidente del Consiglio. Il calo dell’immigrazione clandestina è legato a doppio filo col miglioramento delle condizioni di vita in Tunisia. «Nel pieno rispetto della loro sovranità», ha riferito la premier, «ho riportato a Saied gli sforzi che un Paese amico come l’Italia sta facendo per cercare di arrivare a una conclusione positiva dell’accordo tra la Tunisia e il Fondo monetario internazionale, che resta fondamentale per un rafforzamento e una piena ripresa dello Stato nordafricano. Noi abbiamo portato avanti un’azione di sostegno sia a livello Ue che di G7, con un approccio pragmatico. Ho voluto confermare a Saied l’apertura di linee di credito a favore soprattutto dello sviluppo, partendo dalle piccole e medie imprese fino ai temi legati al settore agroalimentare, e questo», ha evidenziato la premier, «è un impegno che si aggiunge ai progetti del fondo di cooperazione italiana in Tunisia, che ammontano a circa 700 milioni».

Il Fondo monetario, per evitare che il Paese collassi - e a quel punto, tra l’altro, l’ondata migratoria diventerebbe oceanica - ha messo sul piatto 1,9 miliardi, ma a condizione che la Tunisia limiti il debito eliminando parte dei sussidi per le famiglie su benzina e farina, favorendo privatizzazioni, tagliando la spesa per i dipendenti pubblici. Il governo italiano è una sorta di mediatore. Saied ha detto “no” «ai diktat dell’Fmi, perché potrebbero far esplodere la situazione». In tutto questo Repubblica polemizza perché la Meloni non avrebbe risposto alle domande dei giornalisti. Il fatto poi che il ministro degli Esteri Antonio Tajani la prossima settimana incontri Kristalina Georgieva, ossia la direttrice dell’Fmi, e che la Meloni si sia detta disposta a tornare presto in Tunisia con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen - e da Bruxelles è arrivata un’altra apertura- ha mandato la sinistra completamente fuori di testa. 

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