Cerca
Logo
Cerca
+

Ignazio La Russa: "Berlusconi e Meloni? Cos'era cambiato negli ultimi tempi"

 Ignazio La Russa

Hoara Borselli
  • a
  • a
  • a

Ignazio la Russa, 74 anni, è il Presidente del Senato. Viene dall’Msi di Almirante e poi di Fini. Ed era un dirigente di primo piano quando nel 1994 l’Msi si alleò con Berlusconi e nacque il centrodestra. Poi quando nacque il Popolo della Libertà aderì al Pdl. Infine partecipò alla nascita di Fratelli d’Italia. Tanti ricordi, tante idee, una conoscenza fortissima.

Presidente, che c’è da dire il giorno dopo?
«“Oggi il mondo è più povero”. Può sembrare una frase fatta ma nel caso di Silvio Berlusconi mai frase fu più veritiera. E sarà veramente difficile riempire il vuoto che lascia perché questo vuoto Silvio lo lascia in molti campi. È stato un innovatore ovunque abbia deciso di operare. Ha iniziato costruendo, con un’immaginazione futurista. Aveva capito che la sua città, Milano, aveva bisogno di altre città più piccole e alle quali diede lo stesso nome aggiungendo solamente un numero: prima 2 e poi 3. E ancora oggi, quarant’anni dopo la loro costruzione, queste sono città avveniristiche. Poi passò alla comunicazione. Capì che si poteva fare concorrenza al servizio pubblico della Rai ma per farlo occorreva avere lo stesso suo numero di reti.
Una intuizione incredibile. Acquisite le tre reti, iniziò la grande avventura che portò all’impero Mediaset».

Lei quando ha conosciuto Berlusconi?
«Quando ancora non ero deputato e lui, che non aveva pregiudizi, accettò un incontro con il gruppo dirigente del Movimento sociale italiano. Gianfranco Fini era stato eletto da poco segretario del partito. Venne in via della Scrofa nella sede dell’Msi e quella fu la prima volta che lo incontrai».

Aveva un sentimento di amicizia con Berlusconi?
«Berlusconi era come un fratello maggiore ma la distanza fra lui e anche i suoi migliori amici rimaneva sempre enorme. Sicuramente ci volevamo molto bene ma non siamo mai stati alla pari e credo non lo sia mai stato con nessuno. Lui era di un altro pianeta».

Non era complicato essere amico di Silvio?
«No, questo rapporto mi sembrava assolutamente adeguato e giusto. Lui si poneva su un altro livello e sarebbe stato impossibile annullare questa differenza. Le racconto un aneddoto che non conosce nessuno e che spiega perfettamente quello che le ho appena detto. Una volta eravamo con Gaparri e Matteoli, e Berlusconi ci disse: “Voi siete come fratelli per me e se uno di voi ha bisogno di un milione di euro io ve lo presto. Che problema c’è?” Gli risposi: “Grazie e sappi, anche se non capiterà mai che tu ne abbia bisogno, che anche io posso prestarti centomila euro”. Berlusconi, senza scomporsi mi guardò negli occhi e disse: “Vedi, la differenza economica che c’è tra noi è molto maggiore di quella che c’è tra un milione e centomila”. A questa battuta fece seguire una risata».

Sul piano politico c’era confidenza?
«Tutte le volte che lui aveva un problema con il mio partito mi chiamava con fare complice. Io però riferivo tutto a Giorgia. Illoro rapporto non era consolidato ma per fortuna negli ultimi tempi era diventato ottimo. Fino a non molto tempo fa, tra loro c’era un minimo di distanza dovuta a tre fattori. Primo: la differenza generazionale; secondo: in Italia Berlusconi non si era mai dovuto rapportare con una donna leader di un altro partito; terzo: lui era abituato ad essere il capo della coalizione senza se e senza ma e Giorgia, pur riconoscendogli il ruolo di capo della coalizione, non gli ha mai riconosciuto il “senza se e senza ma”»

Lei aveva messo a disposizione l’Aula del Senato per la camera ardente.
«Secondo me sarebbe stato giusto ma rispetto la decisione dei parenti che hanno preferito altre soluzioni. Credo che a Berlusconi non sarebbe dispiaciuto che l’estremo saluto avvenisse in Senato. Da quel Senato da cui ingiustamente era stato allontanato».

Insieme al cordoglio circolano anche prese di distanza, critiche, anche insolenze verso Berlusconi, e proteste perché si è deciso il lutto nazionale.
«Se il Pontefice, il Presidente della Repubblica e i capi dei principali partiti, non solo di maggioranza, stanno riservando parole di grande rispetto nei confronti di Berlusconi, riconoscendo la sua grandezza e il suo enorme peso politico, che qualcuno faccia il controcanto dicendo che non solo non è giusto riservare a Silvio Berlusconi il lutto nazionale, ma neppure i funerali di Stato, sinceramente lascia il tempo che trova».

Presidente, perché secondo lei invece è doveroso proclamare oggi il lutto nazionale?
«Perché Berlusconi è stato quattro volte Presidente del Consiglio e perché c’è un’Italia prima di Berlusconi e c’è un’Italia dopo Berlusconi. Questo, che piaccia o no, è un dato oggettivo ed incontrovertibile. Silvio ha cambiato la società e questo governo ha deciso che lui meritava un riconoscimento nazionale. Se poi qualcuno non è d’accordo, pazienza!».

Ha letto come Libero ha titolato ieri, ovvero che morto Silvio non se ne farà un altro?
«Nella vita mai dire mai. Quando morì Almirante, a chi mi era vicino ai funerali dissi che non avremmo avuto mai più una piazza di destra come quella che accompagnò Giorgio nel suo ultimo viaggio. Invece le abbiamo riavute. Ma una cosa è certa: non avremmo più un altro Berlusconi». 

Dai blog