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Meloni, da "pericolosa" a leader affidabile: così ha conquistato Parigi

Mauro Zanon
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Ci sarà sempre Libération, il quotidiano della gauche progressista, a scrivere che Giorgia Meloni è l’erede di Mussolini, che il suo governo sta inanellando le “derive post-fasciste” e altre sciocchezze del genere, o giornalisti che si faranno “spiegare” come funziona la politica italiana da gente come Michela Marzano, Erri De Luca o Roberto Saviano, esterofili di professione e massimi esperti nella denigrazione dell’Italia a Parigi, ma anche in Francia, dopo otto mesi di governo Meloni, hanno finalmente aperto gli occhi su ciò che sta accadendo a Roma e si stanno rendendo conto che la dirigente di Fratelli d’Italia non è quella “pericolosa fascista” di cui blateravano lo scorso ottobre, ma una leader europea responsabile e pragmatica. «‘La Meloni’, come si dice in Italia, si è costruita un profilo affabile. Parla un inglese eccellente, un francese senza accento e stravolge le tecniche della comunicazione: nessuna conferenza stampa e poche interviste, solo due in sette mesi», scrive una delle più importanti riviste politico-economiche francesi, Challenges, che elogia il riformismo di Meloni sulla scia del suo predecessore, Mario Draghi.

 

 

 

ISPIRATA DA DRAGHI
«Dal suo arrivo a Palazzo Chigi, sede del governo italiano, Giorgia Meloni sorprende soprattutto per il suo modo di governare. Colei che faceva paura per il suo passato ‘post-fascista’, si ispira oggi a un certo... Mario Draghi. Il suo predecessore al vertice del governo, ex grande tesoriere alla guida della Banca centrale europea, è diventato la sua bussola, la sua guida secreta, e persino il suo modello interiorizzato, in particolare perla gestione dell’economia», osserva Challenges. E ancora: «‘La Meloni’ mette in pratica la riforma fiscale, quella del mercato del lavoro, e difende un controllo del debito pubblico, ispirandosi al suo mentore inatteso (...). Come Draghi, è convinta che le politiche di austerità non servano a nulla».

Meloni, sottolinea Challenges, incarna invece un «pragmatismo economico» che sta dando i suoi frutti sia in termini di popolarità sia in termini di risultati concreti: negli ultimi tre anni, come ha ricordato Luca Paolazzi, ex economista di Confindustria, a Challenges, l’economia italiana ha registrato una crescita superiore alla media della zona euro e fa meglio di Francia e Germania. Il modello Draghi, sottolinea il magazine francese, «la ispira ben oltre l’economia»”, «ingloba la politica estera, con la fedeltà alla Nato, una lealtà nei confronti dell’Unione europea e un sostegno militare attivo all’Ucraina», ma anche «nel modo di esercitare il potere»: buon senso e poche chiacchiere. Challenges, infine, mette in risalto fino a che punto Meloni sia rispettata anche sulla scena internazionale: la diffidenza dei salotti europei verso il premier italiano è ormai un lontano ricordo.

 

 

 

DIFFIDENZA SUPERATA

«Dal suo arrivo al potere, non ha mai smesso di dimostrare che era frequentabile, al di là della polemica con la Francia di Emmanuel Macron, che il suo Paese poteva anzi costituire un pilastro dell’Unione europea. I rapporti con i diplomatici, che ora la prendono sul serio, sono ottimi». Sul Figaro, è arrivata la benedizione di una delle firme più prestigiose, Nicolas Baverez, allievo di Raymond Aron: «L’arrivo al potere della leader di Fratelli d’Italia ha suscitato dei timori sulla riabilitazione del fascismo, la trasformazione dell’Italia in democrazia illiberale e la rottura con l’Unione europea. È troppo presto per dare un giudizio definitivo, ma bisogna constatare che Meloni ha smentito gli oracoli che pronosticavano il suo inevitabile fallimento», ha commentato Baverez, prima di aggiungere: «Lungi dal trovarsi marginalizzata nell’Unione o nella Nato, ha rivendicato e rafforzato il ruolo e le responsabilità dell’Italia (...). È la Francia di Emmanuel Macron, e non l’Italia, che si trova isolata politicamente in Europa così come all’interno delle democrazie occidentali, e che si rivela, per i nostri partner e i nostri alleati, così come per i mercati, l’uomo malato del continente».

 

 

 

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