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Pd, piano per cacciare Schlein: due nomi per la successione

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Elly Schlein

Elisa Calessi
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Nelle retrovie del Pd, nei famosi “territori”, c’è gran fermento. Non tanto per l’estate militante, lanciata da Elly Schlein, quanto per le candidature alle elezioni europee. Se le liste soddisferanno, bene. Se no, ricomincerà l’emorragia verso altri approdi. Sopratutto al Sud, dove un’elezione con le preferenze è il terreno ideale per chi fa politica da un po’. Tra i più interessati, c’è Vincenzo De Luca, governatore della Campania, in rotta con Schlein che non vuole farlo correre per il terzo mandato in Regione. Non a caso De Luca non sarà presente domani e venerdì alla manifestazione del Pd contro l’autonomia, che si terrà a Napoli. De Luca, forte di un consenso e di una rete personale sempre più ampia, ha una serie di persone che vorrebbe fossero messe nelle liste del Pd per le Europee.

 

 

 

Se anche su questo, Schlein dovesse chiudergli la porta, l’addio al Pd per il governatore potrebbe avvicinarsi. E una rete che lo sostenga, non gli mancherebbe. Basti dire che alle ultime regionali la sua lista è risultata la seconda più votata subito dopo il Pd. Terza si è piazzata Italia Viva, a cui ha dato come assessore un suo uomo, Nicola Caputo, che Italia Viva candiderà come capolista del Sud alle Europee. Suggello di un rapporto sempre più forte tra De Luca e Renzi.

Ma prima delle Europee, ci sono le Regionali. Sì perché l’anno prossimo le urne si apriranno anche in Abruzzo, Basilicata, Sardegna, Piemonte e Umbria. E da alcune settimane, nel Pd in tanti ripetono che il primo test per Elly sarà quello. «Se il Pd dovesse andare male sia lì sia alle Europee», si dice, «inevitabilmente sarà rimesso tutto in discussione». Sembra un tempo lontanissimo. Anche perché l’eventuale cambio di leadership o di premiership (nel caso in cui la segretaria resti in sella, ma si decida di puntare su un diverso candidato premier) riguarderebbe l’appuntamento con l’A maiuscola: le elezioni politiche. Campa cavallo. Eppure nel Pd, dove abbonda la capacità di disegnare piani A, B, C e D, si è cominciato a parlarne. Il quesito è questo: se anche Elly capitola, chi ci mettiamo? Su chi puntare, nel caso di una debacle alle Regionali e alle Europee?

 

 

 

I nomi che spuntano nelle conversazioni di questo tipo – molto più frequenti di quanto si possa immaginare – sono due. Il primo è quello del commissario italiano a Bruxelles, Paolo Gentiloni. Autorevole, riformista, rassicurante, non ideologico, lontano anni luce da quella sinistra massimilista che tanto fa comodo alle campagna elettorali della destra, buon interlocutore dello stesso governo di centrodestra in questi mesi, per Giorgia Meloni sarebbe un osso duro trovarselo candidato premier dello schieramento opposto. Nessuno degli argomenti usati con Schlein potrebbero essere usati su Gentiloni. Il gioco degli opposti (madre/non madre, cristiana/laica, etero/lgbtq, destra/sinistra) con l’ex premier salterebbe completamente. Ma l’interessato è disponibile? La sua riservatezza è risaputa. Persino con gli amici. A chi gli fa battute sul suo futuro politico, risponde al massimo con un emoticon. Ma gli speranzosi fanno notare un dettaglio. Nonostante Schlein glielo abbia chiesto, Gentiloni sembra intenzionato a non candidarsi alle Europee. Resterà in carica, come tutta la commissione uscente, per alcuni mesi, forse fino a tutto il 2024. Poi si prenderà un periodo sabbatico. Riserva della Repubblica. O, come sperano in tanti, del Pd. Come candidato premier (Piano A), nel caso i test elettorali vadano malino, o come segretario (Piano B) se proprio le cose si mettessero male.

C’è però anche un altro big che ci sta facendo un pensierino: Roberto Gualtieri. È vero che, al momento, il sindaco di Roma non se la passa molto bene, tra rifiuti, municipalizzate allo sfascio e il solito caos della Capitale. Ma, dicono i bene-informati in Campidoglio, «se dovesse riuscire a realizzare il termovalorizzatore e a gestire molto bene il Giubileo, trasformandolo in una rinascita per Roma, potrebbe avere più di una chance per il dopo-Schlein». Peraltro, si fa notare, rifarebbe il percorso di altri illustri predecessori: Francesco Rutelli e Walter Veltroni sono passati dal Campidoglio a fare il candidato premier del centrosinistra (e il secondo anche il primo segretario del Pd). Chi lo sa. Lui, dicono, ci spera. E anche lui vanta un curriculum europeo autorevole. Per carità, c'è tempo. Ma a Schlein conviene non perderne. Perché nel Pd già si stanno esercitando con i piani A, B e C. 

 

 

 

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