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Elly Schlein, retroscena-Senaldi: come si è fatta fregare da Conte

Pietro Senaldi
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Erano partiti per gabbare la Santa, hanno finito per augurarle buone vacanze. La scarsa lungimiranza dell’armata giallorossa è da manuale. La lunga estate calda della ministra del Turismo non sarà di passione e, conoscendola, neppure di soverchia preoccupazione. Lo spettro del rinvio a giudizio non riuscirà a rovinarle il Ferragosto più di quanto la sconfitta in Senato della sinistra, che aspirava a mandarla a casa e ha finito per blindarla, non le abbia rallegrato la giornata. Come volevasi dimostrare, la mozione di sfiducia proposta da Conte e alla quale la Schlein si è accodata, trascinando dietro sé un partito che per i tre quarti non ne condivideva dal punto di vista strategico la scelta, ha finito per rafforzare la maggioranza e dividere l’opposizione. Calenda e Renzi infatti non hanno votato con M5S e Pd, in nome del garantismo ma anche della dignità.

Volevano risparmiarsi la figuraccia e non alleggerire Giuseppe ed Elly del peso della sconfitta e hanno preferito marcare visita. Quanto all’illusione della sinistra di far emergere i malcontenti di qualche esponente della maggioranza nei confronti del ministro, si è infranta contro il voto palese e l’indistruttibile collante rappresentato dal potere e dal desiderio di non complicarsi la vita, tantomeno alla vigilia delle ferie e nel bel mezzo di una settimana che sancisce la consacrazione internazionale del governo e del premier, grande anfitrione domenica agli stati generali euro-africani in tema di immigrazione e sviluppo e ospite d’onore oggi alla Casa Bianca.

 


MANCATO EFFETTO
La magistratura aveva dato la sensazione di provarci, a dare una mano ai giallorossi, allargando a orologeria, proprio alla vigilia del voto sulla mozione di sfiducia, lo spettro dei reati per cui la Santanchè è indagata e aggiungendo nientemeno che la truffa ai danni dello Stato. L’ultima contestazione non è servita però a scaldare l’atmosfera di una vicenda nella quale tutti i tempi sono stati sbagliati. A iniziare da quelli dell’indagine stessa, tenuta nascosta per otto mesi e poi comunicata ai giornali settimane prima che all’interessata. Meglio avrebbero fatto, M5S e Pd, a presentare la richiesta in autunno, dopo il plausibile rinvio a giudizio della ministra, con dei reati specificati, contestualizzati, spiegati in documenti processuali anziché anticipati nei corridoi alla stampa amica. Allora sì che la mozione avrebbe potuto avere un effetto dirompente. Così avrebbero voluto i mestieranti parlamentari del Pd, e hanno provato anche a convincere la segretaria, ma non c’è stato verso. Elly era, ed è, troppo ossessionata dal non perdere terreno nei confronti dei grillini, inseguendoli seppure nel campo di una sconfitta annunciata. Finché di mezzo c’è la mozione di sfiducia alla Santanchè, passi. Il punto è però che la strategia di marcare a uomo M5S rischia di danneggiare irrimediabilmente l’immagine del Pd come di un partito tutto sommato di governo, per quanto pessimo non catastrofico, e mettere in definitiva fuga l’elettorato non estremista.

 


IL FALLIMENTO
Chi troppo vuole, nulla stringe. Questa è la lezione che dovrebbe ricavare l’armata demo-grillina dalla sconfitta parlamentare di ieri. La difesa in Senato della Santanchè, un paio di settimane fa, non era stata brillantissima. La Procura di Milano poi aveva provveduto a indebolirla ulteriormente, comunicando ufficialmente il giorno dopo che la ministra era indagata. E così Conte, e Schlein a ruota, hanno deciso di alzare la posta. Sapevano che la mozione di sfiducia non avrebbe avuto possibilità di successo, cionondimeno l’hanno presentata allo scopo di inscenare un processo morale alla ministra, dimentichi che c’era appena stato. La storia che si ripete diventa farsa, ed ecco servito il flop, che preclude al gatto Elly e alla volpe Giuseppi la possibilità di ripresentare la mozione di sfiducia se, in autunno, la Santa sarà rinviata a giudizio

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