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Gianni Alemanno e Pillon, strani movimenti a destra: le indiscrezioni

Gianni Alemanno

Fausto Carioti
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L’effetto, al momento, è quello di una mosca sulla pelle dell’elefante. In Fdi e nella Lega tutti sanno che il nuovo iperattivismo di Gianni Alemanno culminerà in autunno con la creazione di un partito che si presenterà alle Europee, e probabilmente anche in altre elezioni (si ragiona sulle Regionali umbre e le Comunali di Perugia). Ma la prima vera sfida da destra alla coalizione di governo non turba i sonni di nessuno. Così l’ex sindaco di Roma va avanti sperando di smentire tutti, assieme al suo compagno di strada, il leghista (ancora per quanto?) ed ex senatore Simone Pillon, uno degli organizzatori dei Family Day, non rieletto in parlamento il 25 settembre e dunque in cerca di nuove avventure. 

 

 

Era fisiologico che accadesse, gli ingredienti c’erano tutti. Giorgia Meloni che si schiera con l’Alleanza atlantica, dice di ispirarsi più a Margaret Thatcher che a Marine Le Pen e progetta di far alleare i suoi conservatori con i popolari europei lascia scoperto, in teoria, lo spazio che a lungo è stato occupato dalla destra sociale, anche se nei sondaggi Fdi veleggia stabile al 29%, tre punti più in alto del risultato delle Politiche. E la destra sociale di Alemanno, a differenza di quella di tradizione almirantiana, è sempre stata ostile alla presenza della Nato in Italia e al libero mercato, e vicina a certe istanze della sinistra, sia in politica internazionale che economica (il reddito di cittadinanza è l’ultimo esempio). Non è strano, quindi, che l’accusa al governo di aver imposto all’Italia «un’impressionante deriva liberista», lanciata da Alemanno in un’intervista al Fatto, ricalchi quelle di Elly Schlein e Nicola Fratoianni.

Sono posizioni in cui si riconosce pure una parte del mondo cattolico integralista, più vicina a Mosca (anche quando manda i carri armati in Ucraina) che a Washington, della quale Pillon è un rappresentante. Comprensibile, quindi, che lui e Alemanno si stiano scambiando gli inviti. A fine luglio l’ex aennino, che è anche portavoce del comitato “Fermiamo la guerra”, ha organizzato ad Orvieto il “Forum dell’Indipendenza Italiana”, ospitando, assieme a Vittorio Sgarbi e al filosofo Diego Fusaro (quello del libro Bentornato Marx!), rappresentanti dei mondi che dovrebbero comporre la sua base elettorale trasversale: sigle della destra sociale, no-green pass, pacifisti, cattolici come Pillon. In quell’occasione Alemanno ha sventolato il sondaggio di Antonio Noto che attribuisce ad un simile partito uno spazio «potenziale» del 10%. Da Fdi hanno risposto con un’alzata di spalle, nella convinzione che i voti che dovevano lasciare a destra li abbiano già persi, guadagnandone molti di più nell’area di centrodestra, e che Alemanno e Pillon pescheranno, semmai, tra gli astenuti e nello stagno di Casa Pound e delle liste cattoliche di Mario Adinolfi, che è roba da zero virgola.

 

 

CATTOLICI DIVISI -  Il 9 e il 10 settembre l’ex senatore restituirà il favore. Con l’associazione Tommaso Moro, di cui è presidente, sta organizzando ad Assisi un incontro del «mondo conservatore e identitario italiano», perché «sempre più spesso gli esponenti del mondo conservatore soffrono di una sorta di “inferiorità culturale”». Il riferimento è innanzitutto al governo, che associazioni come Pro Vita e Famiglia hanno iniziato a criticare, creando tensioni nel mondo cattolico conservatore, dove altre sigle stanno prendendo le distanze da chi si schiera con Alemanno e Pillon contro il governo: l’impressione è che presto molti dovranno scegliere da quale parte stare. Alemanno, ovviamente, sarà su quel palco e parlerà sul tema «L’Italia ripudia la guerra».

Gli ostacoli che il progetto dei due sta incontrando tra i cattolici sono confermati dal “caso” di Ivan Maffeis, arcivescovo di Perugia. Lo volevano all’evento di Assisi, e infatti il nome del monsignore, nei primi programmi inviati, appare come colui che avrebbe fatto il saluto introduttivo. «Presenza da confermare», si legge in quei fogli, e infatti lui non l’ha confermata. Raccontano che non fosse stato avvisato e che non l’abbia presa bene. Pesa ancora lo scontro di un anno fa tra la Chiesa locale e lo stesso Pillon, che portò La Voce, il settimanale delle diocesi umbre, ad accusare, senza farne il nome, «un senatore che sta creando spaccature all’interno del partito al quale appartiene». Maffeis è stato comunque rimpiazzato da monsignor Giampaolo Crepaldi, vescovo emerito di Trieste: segno che c’è ancora chi risponde al richiamo di Pillon. 

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