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Alessandra Laterza, la libraia censura ancora la Meloni: "Io il suo libro non lo vendo"

Tommaso Montesano
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«La scelta più giusta mai fatta». Lo scorso 14 maggio scriveva ancora così, sul proprio profilo Instagram, Alessandra Laterza, “La libraia” così si firma sotto ogni post- a proposito della sua scelta di non mettere in vendita “Io sono Giorgia”, l’autobiografia della presidente del Consiglio uscita nella primavera del 2021. Un rifiuto, come si vede, rivendicato con orgoglio anche anni dopo a fronte, secondo lei, di una «biografia non veritiera», come aveva scritto commentando un’«inchiesta fact-checking» di Repubblica sulla premier. Nuovo libro, nuovo niet. Adesso la titolare della libreria romana “Le Torri”, nel quartiere romano di Tor Bella Monaca, concede il bis: con un post su Facebook ha annunciato che non ha intenzione di commercializzare neanche “La versione di Giorgia”, il nuovo libro-intervista della presidente del Consiglio scritto con Alessandro Sallusti, direttore di Libero.

 

 

 

LA FAMIGLIA QUEER

Premessa: «Ho pensato molto, ho parlato con mia figlia, con il mio compagno, con la mia famiglia Queer (termine usato dalla comunità Lgbtq+ per indicare chi non desidera etichette nell’ambito dell’orientamento sessuale, ndr), ho scritto nelle chat politiche e ho ascoltato le mie famose mamme della libreria». E dopo questo giro di consultazioni Alessandra, che non ha mai nascosto la sua fede militante nel Pd, comunica che «la disobbedienza merita coerenza» e pertanto, dopo aver riaperto la libreria - ieri - «non venderà il nuovo libro di Giorgia Meloni, edito dalla Rizzoli». Ecco la sintetica spiegazione: «La mia libreria non ha posto per questo testo. Disobbedire, urlando con gentilezza l’insegnamento di Michela Murgia. Io sono una libraia indipendente e questo libro non lo vendo».

Laterza ha esplicitato meglio le motivazioni del suo rifiuto in un’intervista all’edizione on line della Stampa. Alla base del nuovo gesto, la testimonianza della scrittrice Michela Murgia, che aveva presentato alcuni suoi testi nella libreria della 47enne romana. «Il suo primo insegnamento è stato “Disobbedite”. Da qui l’idea di provare in qualche modo a portare avanti il suo lascito, nonostante gli eventi tristi, l’odio on line, e tutto ciò che è derivato dalla mia prima scelta. Nonostante l’ansia e le paure che ne sono seguite».

IL SOLITO «FASCISMO»

Dopo la decisione di non vendere “Io sono Giorgia”, infatti, a causa di alcune minacce ricevute a Laterza è stata assegnata una protezione. «La vigilanza è ancora in atto», ha confermato la libraia, che candidamente ammette di operare una scelta politica rispetto ai volumi da offrire ai lettori: «Ognuno seleziona ciò che è più adatto alla sua clientela. In quanto libraia indipendente di sinistra, scelgo di non vendere libri di destra». Più semplice di così... Soprattutto, c’è il desiderio di raccogliere il testimone di Murgia: «Se il suo testamento virtuale mi ha insegnato qualcosa, devo proseguire “sui sanpietrini spezzati e a piedi scalzi”. Ma sapete una cosa? Sarà un onore!». Oltretutto lei non è Amazon, dove sta sbancando, ad esempio, il libro del generale Roberto Vannacci, che naturalmente non esporrebbe mai («esattamente»), e quindi è fa come le pare: «Se fossi un panettiere con solo clienti celiaci, non avrebbe senso vendere pane con glutine».

Ma cos’è che turba così tanto la libraia Alessandra da rifiutarsi di esporre il volume del capo del governo? «Non ho nulla conto di lei a livello personale. Il problema è la “sua versione”, come recita il titolo del libro, cioè come immagina l’Italia nei prossimi dieci o vent’anni». E, puntuale, ecco il fantasma del «fascismo». «Le politiche attuate rappresentano una stretta sulla libertà individuale e, in tal modo, evocano riflessi del fascismo. Il fascismo si intravede nel limitare la sfera della libertà personale». La cartina di tornasole sono i diritti delle «famiglie arcobaleno. I bambini di queste famiglie sono diventati oggetto di contesa politica, sottratti alle mani di coloro che hanno scelto di portare nuova vita nel mondo». Un riferimento al caso delle trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali italiane. Ma c’è anche l’approccio del governo sull’immigrazione: «Doveva essere risolto attraverso collaborazioni internazionali, non ha prodotto risultati sperati». 

 

 

 

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