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Senaldi smaschera i "maestrini" tedeschi: lezioni all'Italia e ora sono nei guai

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Pietro Senaldi
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È ufficiale, la Germania è in recessione. Le cause di questa crisi economica sono talmente profonde che c’è da pensare che non sarà una cosa breve. Verrebbe da dire: Berlino se lo merita, perché se l’è cercata e da trent’anni ci fa lezioncine  e ramanzine pelose cariche di retorica e ipocrisia, truccando da interesse comune i propri tornaconti nazionali, o sovranisti per usare una parola di moda. Il dramma è che i guai tedeschi, più dureranno, più li pagherà anche l’Italia, visto che la Germania è il nostro polmone economico. Il punto è che l’economia tedesca sta saltando in aria per difetto di europeismo, perché i cancellieri del Reich sono stati i primi a tradire il patto fondativo dell’Europa, che nacque sulle materie prime, quindi sulla produzione, e si trasformò in mera unione monetaria. Questo d’altronde interessava a Berlino, che aveva bisogno di una valuta più debole del marco, diventato un ostacolo alle esportazioni, unico asset dell’economia della Germania, che per difenderlo ha violato per anni i parametri che imponeva agli altri Stati membri.

Il patatrac è capitato adesso perché la guerra in Ucraina ha privato i tedeschi di materie prime a basso costo, che non possono più importare da Mosca. Si è aggiunta poi la crisi della Cina, sede privilegiata delle aziende tedesche, che lì producono a basso costo, ripagando il regime con l’indotto che creano. Berlino ha rivendicato il ruolo di guida dell’Europa, esercitandolo anche nell’imporre le sue leggi, ma ha abdicato per vil denaro agli oneri della leadership, preferendo trattare da vassalli a Bruxelles gli Stati membri e intrattenere rapporti da pari a pari solo fuori dall’Unione. A parte l’egoismo nazionalista, l’errore è stato pensare che l’economia si regga sulle relazioni tra Stati anziché su quelle tra aziende. Per questo a Berlino si trovano meglio con le dittature dell’Est che con le democrazie europee.

 

 


Se l’Europa non si è mai fatta Stato è perché gli Usa non la vogliono, e non a caso la Gran Bretagna finché è rimasta nella Ue l’ha sempre sabotata, e perché la Germania ha sempre ritenuto che il suo interesse fosse una parvenza d’Unione, anziché una confederazione di Stati e ha approfittato dello sciovinismo francese per tenere in piedi la messinscena. Oggi la via d’uscita che Berlino ipotizza per riemergere è un'altra mazzata alla Ue: imporre agli Stati di ridurre di un punto percentuale ogni anno il proprio debito in rapporto al Pil. L’ennesima regola che penalizza i partner e lascia mani libere ai tedeschi, per esempio per elargire alle proprie aziende cospicui aiuti di Stato, sempre negati agli altri. Per l’Italia in particolare sarebbe un disastro, ma questo ai tedeschi non importa, perché sono convinti di poterci avvicendare come vassallo economico con la Polonia e altri Paesi dell’Est. Errore madornale, che denota l’arroganza teutonica, la quale sottostima il valore del tessuto economico-sociale e delle imprese italiane, insostituibile. A concludere la giornata del disvelamento del grande inganno dell’Europa solidale, ieri è arrivata anche la notizia che l’ex presidente francese Sarkozy sarà processato in patria per l’accusa di aver ricevuto soldi indebiti da Gheddafi. Le malelingue sostengono che quand’era all’Eliseo avrebbe scatenato la guerra in Libia per eliminare le prove del proprio malaffare, nonché il testimone principale. Nella più innocente delle ipotesi, la ragione sarebbe stata invece smantellare le relazioni privilegiate dell’Italia con Tripoli, per poi sostituirci. Comunque sia, è stato un fallimento; personale e mondiale. Il tempo sta portando tutti i nodi al pettine, rivelando chi sono stati, fino a oggi, i veri antieuropeisti. 

 

 

 

 

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