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Di Maio, che disastro su Israele: parla dopo 3 giorni e non dice nulla

Giovanni Sallusti
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Come la precedente e più celebre (ci scuserà il soggetto del pezzo), anche la resurrezione politica di Luigino Di Maio ha richiesto tre giorni. Allo scadere dei quali, ecco il miracolo: il sepolcro metaforico è spalancato, Giggino si è ricordato di essere nientemeno che il Rappresentante speciale dell’Unione Europea per il Golfo Persico. Forse sulle prime non ci aveva creduto nemmeno lui. Insomma sì, aveva ricevuto il passaporto diplomatico, la relativa immunità, aveva confusamente sentito dire che un Rappresentante speciale è un emissario dell’Unione con specifici compiti in una determinata area, suonava bene, soprattutto era lontano da Roma, lontano dall’avvocato di Volturara Appula e altri ex amici ingrati.

Si gira il mondo, si interviene a convegni roboanti con l’aurea sacrale delle istituzioni europee al seguito, basta mostrare il badge e fare la faccia meditabonda, c’è perfino la benedizione di Mario Draghi. Poi, ieri, qualcuno che sapeva di cosa parlava (è sufficiente fosse uno stagista che avesse scavallato la prima settimana) deve aver detto che forse, mentre il Medio Oriente brucia, mentre il terrorismo bestiale di Hamas risveglia il revanscismo islamico contro l’esistenza di Israele, mentre sta saltando l’accordo epocale tra lo Stato ebraico e Arabia Saudita che avrebbe cambiato per sempre il volto di quella “determinata area”, ecco mentre accade tutto ciò, il mutismo sfingeo dell’illustrissimo Rappresentante non era propriamente un bel biglietto da visita.
 

 

 



Vero, tra le deleghe specifiche di Di Maio non figura il conflitto israelo-palestinese, ed era probabilmente l’elemento che tranquillizzava il nostro. Però, tra i suoi compiti sono espressamente indicati quello di supervisionare gli approvvigionamenti di gas e petrolio che provengono dal Golfo Persico (in ogni caso non estranei al conflitto, anche solo dal punto di vista non proprio secondario dei prezzi) e quello di contribuire alla sicurezza e alla stabilità della regione (le quali azzardiamo non siano del tutto scollegate dalla guerra totale tra Israele e Hamas), con particolare attenzione ai rapporti con l’Iran (cioè con i tagliagole in capo mandanti dei tagliagole sul campo). No, lo stagista ha ragione, bisogna dire qualcosa, tantopiù che il Rappresentante sta fisicamente rappresentando l’Ue a Muscat, capitale dell’Oman, dove è riunito il Consiglio congiunto tra l’Unione e i Paesi del Golfo.

Si riunisce allora l’illustre staff dell’illustrissimo, viene silenziato il solito stagista che si era affacciato con la balzana idea di dare una notizia, e si partorisce una nota di cui sarebbe orgogliosissimo l’ex socio nella (dimenticabile) avventura politica di Impegno Civico, l’iperdemocristiano Bruno Tabacci. «Nella dichiarazione rilasciata dal Consiglio congiunto è stato deciso di istituire un dialogo strutturato sulla sicurezza per esaminare come approfondire la cooperazione Ue-Consiglio dei Paesi del Golfo in settori quali la sicurezza informatica, l’antiterrorismo o la sicurezza marittima». Ragazzi, è stato deciso di istituire un dialogo per esaminare come approfondire la cooperazione, alla lettura di questa agenzia i capoccia di Hamas stanno seriamente pensando di deporre le armi seduta stante.

Ma non è finita: «I ministri hanno inoltre approvato l’iniziativa dell’Uevai, questa è proprio farina del sacco del Rappresentante, ndr- di organizzare un forum di alto livello sulla sicurezza regionale, con l’obiettivo di sostenere il dialogo, la distensione e la cooperazione». Sarebbe interessante scavare nel complesso psico-politico che ha fatto avvertire a Luigino la necessità di chiarire che il forum in questione sarebbe di “alto livello”, ma soprassediamo. Il punto è «avviare il percorso verso la pace in linea con l'impegno per una soluzione a due Stati». Soluzione idilliaca e petalosa, ma un filo complessa finché una delle due parti (per inciso, una banda di terroristi sgozzatori di bambini) ha nel suo Statuto la cancellazione dell’altra. Insomma ha parlato dopo tre giorni, Giggino. E non ha detto nulla.

 

 

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