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Marco Travaglio insulta, ma se tocchi lui fioccano le querele

Paolo Ferrari
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Volano gli stracci fra Marco Travaglio e Augusto Minzolini. Il direttore del Fatto Quotidiano, non proprio un maestro di giornalismo inglese, si è sentito diffamato per due tweet di qualche anno fa dell’ex direttore del Giornale. Nel primo Minzolini aveva scritto “faccia di c”, precisando che la frase andava però intesa come “faccia di cerbiatto”. Nel secondo, invece, aveva scritto che «il travagliato percorrendo il triste viale del tramonto, se la prende con chi parla della fine del giustizialismo con i soliti epiteti senza fantasia (Minzolingua). Ma uno che ha ancora la “faccia di culo” di narrare le gesta di Conte, non dovrebbe imporsi un dignitoso silenzio?».

Conoscendo lo stile sobrio e discreto che contraddistingue la prosa del direttore del Fatto Quotidiano, nulla di cui scandalizzarsi. Di diverso avviso Travaglio per il quale questi tweet, pur essendo da tutti riconosciuto che sui social il fraseggio non è quello normalmente utilizzato dalle suore Orsoline, avevano gravemente offeso la sua reputazione e quindi aveva deciso di denunciare Minzolini. Ieri, per la cronaca, la prima udienza al tribunale di Roma. Che i rapporti fra i due direttori non siano idilliaci, essendo sempre stati caratterizzati da reciproci toni accesi e aspramente polemici, è un dato oggettivo. Ed i motivi sono facilmente intuibili, viste le diversità di vedute. Travaglio, però, nei confronti di Minzolini non si è limitato ad un paio di tweet, pubblicando negli anni decine e decine di articoli dove simpaticamente lo chiamava “Minzolingua”.

 

 

Strano, dunque, il suo concetto di reputazione quando, proprio ieri, il Fatto Quotidiano ha pubblicato in prima pagina una vignetta dove il ministro Lollobrigida aveva un fondoschiena al posto del viso. Gli appellativi, va detto, sono la specialità di Travaglio, la cui fantasia si è sbizzarrita con Matteo Renzi definito “Cazzaro”, “Ducetto”, “l’Innominabile”, “Mollusco”, “Disperato”, “Caso umano”, “Mitomane”, “Stalker”, “Cozza”, “Criminale” e per finire “Bullo”. In quel caso il direttore del Fatto era stato condannato, avendo superando tutti i limiti esterni del diritto, sia di critica che di satira politica, sempre evocata come scriminante. Minzolini, assistito dall’avvocato Fabio Viglione, verrà interrogato il prossimo mese di marzo. Poi la sentenza.

 

 

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