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Il "partigiano" Zerocalcare sbugiarda Repubblica

Francesco Storace
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Repubblica e Zerocalcare come Sandra e Raimondo. Si sentono, si parlano, si incontrano, passano qualche oretta assieme a casa di lui ma finisce con una litigata. Romanzo, telenovela, cinepanettone: scegliete la parola più adatta ma è da matti lo spettacolo messo inscena trai due protagonisti, il quotidiano e il fumettista. A dividerli, ohibò, la resistenza. Ché quella del lettore a leggere due pagine piene di retorica deve essere davvero tanta.

Di buon mattina ti sorbisci una mega intervista con tanto di richiamone in prima pagina a Zerocalcare: il titolista di Repubblica ha buon gioco nel presentarla alla solita maniera. “Zerocalcare: la mia vita è resistenza”. E manco con la maiuscola. Ci adeguiamo anche noi. Un delirio che non ci saremmo inflitti a cuor leggero se a metterci sul chi va là non fosse stato proprio l’artista, il creativo, che qualche ora dopo l’arrivo del quotidiano un tempo amico (suo) in edicola si sfoga sulla storie di Instagram. Ovviamente – ed è il mestiere suo – con una vignetta da mal di testa. Contesta furiosamente il titolo e si indigna, perché probabilmente non si trova a suo agio come combattente partigiano (del resto a quarant’anni che figura fai se ti iscrivi all’Anpi...).

 

 

 

E sigilla le immagini disegnate sopra alla fotografia del titolo di prima pagina (“la mia vita è resistenza”, appunto) con due frasi eloquenti, due domande retoriche. La prima: «Sono io un curdo che da 40 resiste sulle montagne?». E poi affonda la lama con la seconda: «Oppure un palestinese nato e cresciuto in quel carcere a cielo aperto martoriato dalle bombe che è Gaza?». «Non mi pare», conclude Zerocalcare alias Raimondo. Anzi, aggiunge una frase che è strabiliante per la redazione del giornale diretto da Maurizio Molinari alias Sandra: «Maledetti siano i sandali pieni de funghi micotici de piododicesimo (tutto minuscolo, ndr)», per poi urlare a caratteri maiuscoli e un po’ volgarucci: «Vi dovete levare il cazzo di malcostume di inventarvi le frasi e accollarle agli altri co’ queste cazzo di virgolette nei titoli».

 

 

 

Ma va’? Malcostume giornalistico a Repubblica? Attribuzione di frasi inventate? Davvero? E guarda un po’ che ti va a scoprire il fumettista che pensava di impaurire Israele col boicottaggio di Lucca comics e in realtà contribuiva a scatenare un bel pezzo di antisemitismo nel nostro paese con la diserzione da quella bella mostra. Alla prima querela che si beccherà Repubblica, Zerocalcare sarà un ottimo testimone per chi dovesse denunciare il travisamento delle frasi pronunciate ma contraddette nel testo pubblicato. Ovviamente, non comprendiamo se anche nell’intervista certe affermazioni apodittiche siano sue o del cronista Fabio Tonacci.

 

 

 

Contro il tentativo di egemonia culturale della destra, racconta Repubblica, per Zerocalcare la risposta è «resistere, producendo opere che creano immaginario, perché quello la destra non lo sa fare». Riaffiora insomma il solito senso di superiorità di una sinistra rimasta improvvisamente senza idee e con artisti capaci solo di slogan vuoti. E insiste, chissà se lui o chi lo intervista, sulla «deriva autoritaria» che «è viva. Ci siamo dimenticati dei decreti sicurezza di Salvini? Il rischio della compressione del diritto al dissenso è reale»: ma in quale paese vive questo signore? Gli fa il giornalista “Sandra” al “Raimondo” dei giorni nostri: «Un anno fa al Salone di Torino lei è stato il primo a parlare di tentativo della destra di conquistare l’egemonia culturale tramite l’occupazione della Rai, della Biennale, dei musei...».

 

 

 

Ma che curioso riferirsi a quell’evento in cui l’unica ad essere costretta ad andarsene fu il ministro Eugenia Roccella... Dunque, che bisogna fare? «Resistere». E allora perché si lamenta del titolo di Repubblica, a parte la “precisazione” via vignetta che lui non è curdo né palestinese? È che a sinistra, anche a livello culturale, non si sopportano proprio, neanche dopo ben due pagine di intervista poco frizzante. Come si diceva un tempo, impara l’arte e mettila da parte...

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