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Se il morbo colpisce il cuore della democrazia

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Roberto Speranza

Luigi Curini
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Negli scorsi mesi non sono mancati gli appelli a girare pagina sul Covid-19. Appelli che guarda caso provengono normalmente proprio da chi aveva abbracciato con fervore il lockdown e l’utilità (anzi, la necessità) dei vari green-pass. E quando qualcuno osa sollevare il paradosso della cosa, non manca mai la solita e piccata reazione: «Ma ancora con il Covid? Parliamo d’altro!». Trascurando per questa via che aldilà dell’importanza (anzi, dell’enormità) di quanto accaduto durante gli anni della pandemia, la scelta di chiudere gli occhi e andare avanti impedisce per costruzione di comprendere il passato, evitando che si ripeta nel futuro. Tutto questo vale ancor di più per un paese come l’Italia, essendo stata la prima democrazia occidentale a chiudere i propri cittadini in casa, e imponendo lo stato di emergenza per due anni.

È per questo che sono oltremodo benvenuti libri come Il Leviatano dai piedi d’argilla. Il disastro Covid-19 tra retorica della paura e scientismo appena uscito per Meltemi Linee e scritto da Cristiano Codagnone e Stefano Bracaletti, rispettivamente un sociologo e un filosofo. Un mix di sensibilità degli autori quanto mai utile, perché permette di condensare nel libro l’accurata analisi dei dati pubblicati dal Ministero della salute e dall’Istituto superiore della sanità, con spunti teorici di grande interesse frutto dell’analisi di ben 1600 fonti scientifiche. Il libro racconta una storia alternativa rispetto a quella “ufficiale”, che gioca sulla tensione tra quanto sostenuto da governi e media, sovente mezze (se non false) verità presto tramutatesi per molti in credenze religiose (ed ideologiche), e le evidenze scientifiche, che spesso dicevano altro. E qua la lista è lunga. Ad esempio, i modelli che prevedevano milioni di morti senza lockdown e che hanno chiuso il mondo, si fondavano su parametri e ipotesi infondate, con tassi di letalità del Covid-19 gonfiati. Perché se la narrazione ufficiale era che la letalità del Covid-19 era altissima, in realtà quest’ultima è stata vicina allo 0 sotto i 40 anni, e tra lo 0,05 e lo 0,30 tra i 45 e i 70 anni, per crescere solo tra chi aveva più di 70 anni. Ma anche qua: solo il 3% dei pazienti la cui morte è stata attribuita al Covid-19 non presentava alcuna patologia pregressa, mentre il numero medio di patologie preesistenti in questi pazienti è stata di ben 3,6.
D’altra parte il libro mostra come non ci sia stata alcuna correlazione tra lockdown e andamento della mortalità, così come tra uso di mascherine e riduzione del contagio.
Epperò, quando diminuiva il contagio i governanti lo attribuivano proprio al lockdown. Quando nonostante il lockdown, il contagio si alzava, allora venivano stigmatizzati i comportamenti dei cittadini e su giornali e televisioni comparivano foto e immagini artatamente distorte della “movida”, con individui inutilmente sottoposti alla quarantena da tamponi che identificavano come contagiati persone con bassissima presenza del virus.


COSTI DIRETTI E INDIRETTI
Per non parlare delle misure liberticide come il Green Pass, quando tutti i dati mostravano che dopo una prima fase di efficacia nel prevenire il contagio, con l’avvento di nuove varianti, vaccinati e non vaccinati si contagiavano nello stesso modo. Nonostante ciò, i governanti hanno perseverato, mentre rappresentanti del governo, esperti, e giornalisti hanno continuato a infierire contro chi non si vaccinava. Misure che hanno prodotto rilevantissimi costi, sia diretti che indiretti. Sui primi, ricordiamo i morti in eccesso non attribuibili al Covid-19 negli scorsi anni, un dato in Italia tra i più alti in Europa: quanti italiani sono morti da soli a casa perché non accuditi da parenti e amici e, soprattutto, non curati dal sistema di medicina territoriale? Pensiamo all’aumento delle morti evitabili per cancro e altre malattie croniche derivanti da mancati test diagnostici e trattamenti durante i lockdown.
Ma anche costi indiretti: dall’aumento delle malattie mentali, alle perdite di apprendimento tra i giovani, alla crescita delle violenze domestiche e dell’uso di droghe, e alla ulteriore accentuazione delle diseguaglianze. Senza trascurare il crollo nella fiducia verso le istituzioni, e anche verso la scienza (quella con la “s” maiuscola) di una fetta non banale di nostri concittadini, frutto dell’imbarbarimento del dibattito pubblico che vedeva nei no-vax e in chi aveva dubbi, sostanzialmente della “feccia”, con conseguenze civiche nel medio-lungo periodo al momento del tutto trascurate.

UNO SGUARDO AL FUTURO
Nonché il futuro del sistema tecnologico di sorveglianza messo in piedi in questi anni intorno proprio al Green Pass. Perché, per isteresi organizzativa, tutto ciò che è stato creato ieri per una ragione, non verrà mai dimenticato. Al contrario, potrà essere sempre utilizzato dal Leviatano domani per tutt’altre ragioni. Basti pensare all’accordo tra l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e la Ue per estendere di fatto il Covid-19 Green Pass europeo per un uso globale per eventuali patologie e pandemie future. Ma attenzione. Il libro non abbraccia alcuna teoria “complottista” che vede un grande vecchio (d’altra parte, potremmo mai pensare seriamente all’ex ministro Roberto Speranza in questo ruolo?) dietro a tutto ciò. Nonostante che alcune evidenze sono state taciute e/o distorte per manipolare l’opinione pubblica, gli autori in altri termini non si spingono mai a parlare di esplicito dolo. In realtà la gestione del Covid-19 e la reazione della popolazione sono viste come il risultato di un processo di irrazionalità collettiva in assenza di alcuna regia occulta. Il che, se vogliamo, è ancora più preoccupante. E dovrebbe spingerci ancor di più a capire (con Commissioni parlamentari d’inchiesta, ma non solo) cosa è avvenuto in questi assurdi anni, errori di sistema e responsabilità della classe dirigente (esperti e media) inclusa, perché democrazia e libertà individuali non sono mai acquisite. Devono al contrario essere sempre difese. Con i denti e  con le unghie.

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