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Governatori alla sfida del terzo mandato

Pietro Senaldi
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Tutti a guardare al centrodestra per il disegno di legge della Lega che propone il via libera al terzo mandato consecutivo per gli amministratori locali, presidenti di Regione e sindaci. Naturale, giovedì prossimo il tema viene affrontato in Commissione e la maggioranza si potrebbe spaccare, visto che Fratelli d’Italia e Forza Italia sono contrari alla proposta di Salvini.

È noto che intorno alla questione gira il tema della conferma di Zaia in Veneto, regione che va al voto il prossimo anno e che la Meloni vorrebbe far rientrare nell’orbita del suo partito, che alle politiche ha superato la Lega nella Regione e che manca di un importante amministratore al Nord.

Sta scaldando i motori Luca De Carlo, classe 1972, coordinatore regionale di Fdi nonché sindaco di Calalzo di Cadore, presenza sempre più frequente in televisione e sui giornali anche per la vicenda dei trattori, che ha seguito come uomo ombra del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. La stampa anti-governativa sostiene che Salvini voglia tenere Zaia a Venezia per ripararsi da un’eventuale scalata al partito, nel caso la Lega andasse male alle elezioni e l’attuale doge si ritrovasse tra un anno ex e quindi più libero. La realtà è che Zaia è il primo a volere la propria conferma, al punto che non è escluso che, in caso di impedimento a candidarsi, presenti lo stesso la propria lista, che nel 2020 ha raccolto il 44,5% dei consensi, quasi trenta punti più della Lega ed è in Regione un’entità politica praticamente autonoma, sfidando sia la sinistra che un’eventuale cartello di centrodestra.

 

 

Manca ancora tempo per la decisione definitiva e la sensazione è che il premier se lo prenderà tutto, almeno fino alle Europee di giugno ma probabilmente anche oltre.

PIAZZATE DEM - Per chi invece la questione del terzo mandato è deflagrante da subito è il Pd e la sceneggiata di venerdì del governatore campano Vincenzo De Luca che assedia Palazzo Chigi e insulta la Meloni, fino ad arrivare a darle della “stronza” ne è la prova. Il presidente, che ieri ha tentato di minimizzare l’offesa e derubricare la piazzata a incomprensione ma non ha chiesto scusa, è un villano. Elly Schlein, che appena eletta segretario ha annunciato guerra ai cacicchi meridionali del suo partito, dovrebbe chiedergli di dimettersi, però tace.

Lo fa non perché èmaleducata quanto il suo governatore ma per debolezza. La leader dem si è resa conto che in Campania non conta nulla e il gregge di 700 tra sindaci e amministratori locali che De Luca si è trascinato al seguito a Roma al grido di “Bella ciao”, parola d’ordine che a sinistra ti garantisce l’impunità, era una manifestazione di forza del signorotto di Salerno non tanto nei confronti della premier quanto di quelli del suo capo partito.

ISOLATO - Elly non ha la forza per scalzare il governatore, che usa i fondi di coesione anziché per lo sviluppo della sua terra per garantirsi clientele ed è in conflitto con il governo da che il ministro Fitto ha iniziato a chiedergli di rendere conto di come impiegherà il denaro prima di erogarglielo. De Luca si agita contro l’autonomia, denuncia il governo di trascurare il Sud, si candida a leader di un’alleanza meridionale dei governatori, ma la realtà è che è isolato, perché gli altri presidenti si stanno accordando con il governo, o si sono già accordati, per lo stanziamento dei fondi, concordando opere da finanziare e tabella di marcia.

 

 

De Luca spera di trascinare con se il suo omologo pugliese, Michele Emiliano, ma questi pare più saggio e cauto. Ogni azione del governatore campano va letta nell’ottica della sua volontà di essere rieletto. Contesta la Meloni più per ottenere il via libera al terzo mandato che per avere quello ai soldi. E la Schlein tace perché, se lo attaccasse, svelerebbe il proprio gioco, che è contare sulla Meloni perché le risolva il problema De Luca, impedendogli una candidatura che la leader dem non avrebbe la forza né il carattere di negargli. Il che la dice lunga di quanto la leader della sinistra, che non ha la spregiudicatezza politica di Matteo Renzi, il quale impiegò un istante a venire a patti con il grande maleducato campano, abbia in pugno il proprio partito. Meglio fare l’indiana davanti a un parolaio che bombarda le istituzioni con la sua malalingua, piuttosto che scendere in campo aperto.

TRE DIFFERENZE - Ci sono tre differenze fondamentali quindi tra il terzo mandato agognato sia da Zaia sia da De Luca. La prima è che il leghista ha il sostegno pieno del segretario del suo partito, mentre la Schlein disdegna il suo governatore, vorrebbe che gli fosse preclusa la candidatura ma trema all’idea che, senza di lui, il Pd avrebbe buone possibilità di perdere la Campania. La seconda è che il doge nel suo territorio, di impronta fortemente autonomista per non dire di più, ha una propria forza quasi indipendente dagli schieramenti mentre il viceré è più legato alla struttura del Pd, tradizionalmente croce e poca delizia della Regione. La terza, conseguente, è che il centrodestra può spaccarsi e tenere la Regione, i dem assolutamente no e, se De Luca li sfidasse, avrebbero la sola opzione di allearsi con M5S e consegnarsi a un candidato grillino. In pratica un suicidio politico.

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