Pd, la faida dei giovani dem tra accuse e colpi bassi
C’è un’aria carica di veleni che ammorba le stanze dei Giovani Democratici. Accuse incrociate. Attacchi alle spalle. Giochi di correnti e correntine. Questo congresso che manca da tre anni e non s’ha ancora da fare sta mandando in tilt la base dei ragazzi del Pd. Ragazzi fino a un certo punto, però. Perché a tirare le fila e a decidere sono gli ultratrentenni, nonostante lo statuto dell’organizzazione preveda tessere valide solo tra i 14 e i 29 anni. Né Giovani né Democratici.
L’ultima scazzottata verbale si è consumata mercoledì sera, durante una call in cui tra “vecchi” e giovani (quelli veri) sono volati gli stracci, per non dire i coltelli. Motivo del contendere? L’elezione del presidente della conferenza dei segretari, un altro organo di cui nessuno o quasi sembra aver capito la funzione. Ma tant’è: viva la burocrazia. La scelta è ricaduta su Francesco Forte, segretario della Campania, anni 31: è stato eletto con dieci voti su 21, grazie all’apporto decisivo (sei voti, tra cui il suo) degli over 30 che da regolamento non dovrebbero più prendere parte alle riunioni che riguardano i Giovani Democratici non essendo di fatto iscritti al movimento. «Sembriamo un manicomio...», si sarebbe lasciato sfuggire a denti stretti qualcuno.
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I COORDINATORI
Ma a convocare la votazione di mercoledì è stato Raffaele Marras, anni 34 attualmente coordinatore della giovanile e fresco di fallimento alle ultime regionali sarde. Nonostante la vittoria del campo largo giallorosso, infatti, non è riuscito a entrare in Consiglio. Le redini del coordinamento Marras le condivide con Caterina Cerroni, anni 33 ed esclusa dalla Camera alle ultime elezioni politiche dopo il ricalcolo dei voti nel collegio del Molise. Nel 2021, anno dell’ultimo congresso, a urne chiuse entrambi dichiararono di aver vinto. Seguirono mesi di conteggi, riconteggi e ricorsi, fino a quando si optò per il ticket.
Nei fatti, però, un commissariamento. Marras, eterodiretto dall’ex ministro del Sud e attuale responsabile Esteri del Pd Giuseppe Provenzano, sta lavorando per portare alla segreteria dei Giovani Democratici Tommaso Sasso, 27 anni, romano de sinistra-sinistra e assunto nello staff di Roberto Gualtieri per «tenere i documenti del sindaco e del programma di mandato» a 57mila euro annui.
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Anche lui, sicuramente più interessato alla vicende del congresso che sarà piuttosto che alle sorti del Campidoglio, è vicinissimo a Provenzano e pure a Massimo D’Alema, che non a caso di recente si è rivolto così a una platea di giovani del Pd: «Se fossi in voi mi incazzerei, io a 28 anni ero già in direzione nazionale, a voi non fanno fare neanche il congresso».
Sasso, all’indomani del sit-in giovanile al Nazareno per dire stop al commissariamento, era stato molto esplicito: «Da maggio a oggi, col nuovo gruppo dirigente in carica, il Pd ha detto in tante occasioni che avrebbe convocato il nostro congresso, salvo poi rimangiarsi la parola. La segretaria deve ascoltarci». Secondo i ben informati Provenzano starebbe trasferendo nei ranghi giovanili la lotta per la scalata al Pd senza farla nel partito. Già, perché Beppe sta guidando il fronte anti-Schlein e sogna lo scalpo: vuole superare a sinistra (a sinistra!) Elly.
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Torneranno falce e martello nel simbolo? A sfidare Tommaso Sasso per la segreteria dei Giovani Democratici ci sono Paolo Romano, 28 anni, consigliere regionale in Lombardia, e Claudio Mastrangelo, suo coetaneo, membro della direzione nazionale e con un buon seguito nel Centro Italia (lui è abruzzese). Romano, oltre 9mila voti nella circoscrizione milanese alle scorse regionali lombarde nonostante la débâcle del centrosinistra e grande accusatore di presunti brogli al recente congresso giovanile in Sicilia, sta brigando per approvare un regolamento che preveda il voto ponderato. Ovvero: delegati in base al numero di abitanti. «Comodo così...», dice più di un giovane del Pd. Perché la sua regione, la Lombardia appunto, è la più popolosa del Paese.
Tanto che dai quartier generali di Nicola Zingaretti e Dario Franceschini pare lo abbiano già tacciato di trasformismo. Una cosa è certa: le candidature in campo non scaldano affatto i cuori. E il diktat dei vertici - unica condizione per convocare il congresso chiudere anticipatamente un accordo sul nome del futuro segretario - non fa altro che innervosire la base giovanile e scollarla ancora di più dal partito dei “grandi”. «Ci vorrebbe una donna», dice qualcuno interno all’organizzazione. Visto che le decisioni le prendono ancora gli over 30 perché non puntare direttamente su Elly Schlein. Compirà 39 anni a maggio: è ancora in tempo.