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M5s in caduta libera accusa Calenda: "Mai più zavorre"

 Carlo Calenda

Brunella Bolloli
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In occasione del grande crollo d’Abruzzo si è fatto sentire un big come l’ex ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli. «Va bene allearsi con il Pd, malissimo allearsi con Renzi e Calenda e speriamo che questo non accada più», ha commentato l’ex titolare delle Infrastrutture. «Possiamo dire che va meglio se il candidato è del M5S?». In sintesi. La botta c’è stata. Dopo l’euforia della vittoria sarda, i grillini sono ripiombati nell’incubo delle Amministrative che non danno soddisfazioni, stavolta a dirlo sono i numeri, impietosi: nella regione del riconfermato Marco Marsilio (Fdi), il Movimento si ferma al 7 per cento, dodici punti in meno rispetto alle Regionali di cinque anni fa. Alle Europee dello stesso anno aveva sfiorato il 30. E ora discesa libera.

Anche a livello nazionale la settimana non comincia bene: i sondaggi segnano un calo di mezzo punto percentuale, lasciando presagire che l’effetto Sardegna è già finito. Nel frattempo il coordinatore regionale abruzzese, Gianluca Castaldi, ha rimesso il mandato nelle mani di Giuseppe Conte senza nascondere il rammarico «per non avere saputo portare abbastanza gente alle urne». E non è l’unico a pensare che l’astensionismo abbia rappresentato un fattore penalizzante per i pentastellati, sebbene l’analisi dei flussi elettorali racconti anche un’altra verità e cioè che potrebbe esserci stato un travaso di consensi dal Movimento ai dem, anche perché, a destra, i voti sono rimasti pressoché gli stessi dell’altra volta. Dunque, di chi è la colpa del flop grillino? Del fatto che il candidato non fosse M5S, che manchi una classe dirigente grillina competente sui territori, o che l’ammucchiatissima non è credibile tra forze che ogni giorno si detestano cordialmente?

 


Dalle parti di Campo Marzio, quartier generale M5S, la seduta collettiva di autocoscienza fa propendere per l’intesa con Renzi e Calenda non capita dagli elettori grillini. Piuttosto che votare un tale matrimonio contro-natura, è la tesi, tanti fan dei pentastellati hanno preferito tenersi alla larga dalle urne. Lo stesso Conte ha più volte sollevato il tema dei «compagni di viaggio attendibili» e nel suo post sui social, riconoscendo il risultato «modesto» ottenuto in Abruzzo, «che ci spinge a lavorare con sempre più forza sul nostro progetto di radicamento nei territori, ha rilanciato il modello sardo come l’unico vincente. È questo «il segnale da cui ripartire», scrive Conte senza mai citare il campo largo. Ma con Elly Schlein è previsto un incontro a breve perché si avvicina il voto in Basilicata e il centrosinistra è alla ricerca di un candidato comune. Alla luce del verdetto abruzzese, Conte ora può imporsi di meno contro Angelo Chiorazzo, uomo dell’ex ministro della Salute Speranza, in pista per i dem ma non gradito a tutta la coalizione.

 

 

In ogni caso, per i 5Stelle, nel rapporto con il Pd non cambia nulla: «Sappiamo tutti di non essere autosufficienti, non lo siamo noi e non lo sono loro», nota Pietro Smargiassi, ex consigliere M5S in Abruzzo, il quale, dopo il flop di domenica, saluta tutti e se ne va. «Sulle ragioni della sconfitta ci sarà il tempo di riflettere», ha scritto su Fb, «chiaro che sono stati fatti degli errori, che alcune zavorre andavano lasciate fuori dalla scialuppa. Altrettanto chiaro è che l’idea di una corsa in coalizione non paga, gli elettori mal digeriscono la nostra presenza accanto a certi simboli. Molise, Lazio, Lombardia... Abruzzo». La carrellata di sconfitte fa male ai grillini.

 

 

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