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Forza Italia, Antonio Tajani: "Pensavano che saremmo spariti? Arriveremo al 20%"

Antonio Tajani  

Lorenzo Mottola
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«Ricordate? Dicevano che il nostro problema sarebbe stato superare lo sbarramento del 4%. Beh adesso forse avranno capito perché ho sempre continuato a dire che saremmo arrivati al 10% alle Europee e al 20% alle prossime politiche». 

Il 10 marzo del 2024 potrebbe segnare una svolta per la storia di Forza Italia. Con il voto in Abruzzo, dopo molto tempo, gli azzurri vedono uscire dalle urne numeri “importanti”: 13,4%, secondo partito della coalizione, terzo in assoluto dietro Fratelli d’Italia e Partito Democratico. Numeri che non sembrano un caso, ma seguono una tendenza già indicata da sondaggi e voti locali, come in Sardegna. E Antonio Tajani può iniziare a mandare qualche messaggio. Il primo va a chi diceva che gli azzurri, senza il Cavaliere, non avevano un futuro: «Pensavano che saremmo spariti. Si sono sbagliati in almeno tre cose. Primo: Berlusconi non era il Re Sole e quando è mancato chi era con lui non è scappato, ma si è rimboccato le maniche ed è andato avanti. Secondo: hanno sottovalutato la nostra classe dirigente. Terzo c’è voglia delle nostre idee. Gli italiani vogliono e cercano una forza che garantisca tranquillità e serenità, in un momento in cui ci sono tre guerre alle porte».

 

 

Tajani sorride, ma sempre tenendo la testa bassa. Anche di fronte a quanti pensavano che l’avvenire e la “salvezza” di Forza Italia fossero altrove, lontano da Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Una motivazione che ha spinto alcuni a lasciare il partito. Ma per il leader Fi fuori dal Centrodestra non c’è orizzonte: «Berlusconi ha fondato il Centrodestra e lì il ragionamento politico è saldamente ancorato». Si rimane nel mezzo, cercando di «occupare lo spazio politico tra Meloni e Schlein», ma senza polemiche con chi oggi contende l’area moderata: «Io non attacco mai nessuno, io vado sempre per la mia strada, organizzando un partito come stiamo facendo, con più di 100 congressi provinciali, con il congresso nazionale e coinvolgendo il maggior numero di elettori. Con una presenza costante sul territorio, senza litigare con Renzi o Calenda, portando voti al centrodestra».

Ovvio, i commentatori avversi già pronosticano tensioni all’interno della maggioranza. Un fatto frequente, quando cambiano gli equilibri politici. Tajani smorza: «L’importante è che il centrodestra sia unito sulle cose da fare, noi non siamo un cartello elettorale. Siamo un’alleanza, ci sono stati momenti in cui era più forte la Lega, altri buoni per Forza Italia. Siamo rimasti uniti». Ma non è solo un problema di rapporti, ma anche di stile. Creare problemi al governo non avrebbe senso. «Noi dobbiamo essere seri. Se prendo un impegno lo mantengo, se dico una cosa è perché la penso. Fare lo sbruffone non mi piace e per questo ho sempre vinto le elezioni, mantenendo le promesse. Gli eredi sono tutti gli elettori di Forza Italia. Noi dobbiamo fare per forza un partito diverso». E proprio per questo la prospettiva non è quella di “rubare” voti agli alleati: «Dobbiamo allargare il centrodestra, non fare la corsa su Lega e Fratelli d’Italia». Senza preoccuparsi troppo della leadership: «Adesso l’importante è prendere i voti, lavoriamo e andiamo avanti con passo da alpino. I sondaggi ci danno in crescita lenta, ma costante».

 

La ragione di questa tendenza potrebbe anche avere un’origine precisa. Il contesto è mutato: in Abruzzo il centrosinistra si presentava compatto. E bisogna capire se il Campo largo rappresenti un vantaggio proprio per Forza Italia, contenitore ideale per l’elettorato centrista deluso da accordi con i grillini e il grande mucchio a sinistra, Bonelli, Fratoianni e così via.

«Il Campo largo è un accordo elettorale, non è una coalizione e il fatto di essere costruito con forze così eterogenee, così distanti tra loro, rischia di perdere consensi sia al centro sia a sinistra». Tajani rivendica la diversità tra le due coalizioni: «Il Centrodestra è fatto da forze diverse, che però hanno un minimo comune denominatore. Noi non siamo in guerra tra noi. Berlusconi ha avuto la capacità di mettere insieme queste forze, pur diverse tra loro, ma sempre unite».

Orasi può passare ai prossimi appuntamenti, sia di governo che elettorali. Ieri si è tenuto un pranzo post-voto tra i leader («Riunioni che facciamo tutte le settimane, non è che si prendano decisioni storiche»). E per le Europee si parla di una candidatura in vista per Tajani e gli altri leader, «anche se è presto per decidere, vedremo...». L’unica certezza: «comunque vada, il Ppe sarà centrale». E quindi continuerà a esserlo anche Forza Italia.
 

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