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Campo largo? Il M5s boicotta il candidato se è del Pd

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Fausto Carioti
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Nello scaffale delle figure impossibili, tra il Tesseratto ed il Triangolo di Penrose, merita ora un posto il Campo largo di Elly Schlein. Anch’esso condannato alla non-esistenza dalla logica dei fatti. L’analisi dell’Istituto Cattaneo sul voto in Abruzzo riflette infatti un trend nazionale, e ha la forma di una pietra tombale sul progetto inseguito dalla segretaria del Pd. In sintesi estrema, gli elettori dei Cinque Stelle subiscono, fortissima, l’attrazione dell’astensione; e se in coalizione c’è il M5S, molti elettori di Azione e delle altre sigle riformiste si spostano su Forza Italia. Con questi presupposti il campo largo non può esistere e chi prova a costruirlo ad ogni costo ottiene uno dei casi della politica in cui 1+2+3 non fa 6, ma 5 o magari 4.

E questa è anche la risposta alla domanda che ogni leader dell’opposizione si sta ponendo in queste ore: perché, nonostante la loro coalizione abruzzese inglobasse ogni sigla possibile, dal partito di Nicola Fratoianni a quello di Matteo Renzi, i risultati sono stati così deprimenti? Sommando i voti presi nella stessa regione alle Politiche avrebbero dovuto superare il centrodestra, invece si sono trovati con 7 punti in meno degli avversari.

 

 

 

DINAMICA INEVITABILE

Secondo l’analisi dell’istituto guidato dal politologo Salvatore Vassallo, non c’è alcuna sorpresa: le schede uscite dalle urne abruzzesi «confermano quanto lo stesso risultato sardo aveva già messo in evidenza. Al netto della fortunata vittoria di Alessandra Todde su Paolo Truzzu, le tendenze sottostanti sono simili».
La prima è che il centrodestra tiene, tra chi lo votò nel 2022 c’è tuttora «un astensionismo relativamente basso». Segno, constata lo studio, che «in questa parte dell’elettorato la fiducia nel governo guidato da Giorgia Meloni rimane stabile». All’interno della coalizione gli equilibri cambiano poco e Forza Italia, «lungi dallo scomparire, si giova della stabilità del quadro governativo». Grazie a questi fattori il voto dell’Aquila, pendente a destra, non è stato decisivo: «A parte il consueto successo del centrosinistra nelle grandi città, e segnatamente a Pescara, il centrodestra è risultato prevalente in tutte le province».

La seconda tendenza rilevante riguarda il fronte opposto, dove il campo largo «soffre di fuoriuscite più consistenti verso l’astensione odi flussi diretti verso la coalizione avversaria». Il problema, per Schlein e chi la pensa come lei, è che questa dinamica è «quasi inevitabile». Da un lato, infatti, spiegano i ricercatori, «è strettamente necessario che la coalizione si allarghi, per evitare il ripetersi indefinito della asimmetria che ha moltiplicato la vittoria in seggi del centrodestra alle elezioni per la Camera del 2022».

In quell’occasione, come noto, i candidati del centrodestra conquistarono l’83% dei collegi, approfittando proprio della divisione degli avversari. Dall’altro, però, l’area chiamata a comporre il campo largo deve fare i conti col proprio elettorato, «attraversato da varie linee di frattura al suo interno: da una reciproca ostilità deliberatamente coltivata dai leader verso i leader e i “simboli” dei partiti oggipotenziali alleati, da una diversità di posizioni su vari temi (di politica interna ed internazionali) più profonda rispetto all’elettorato di centrodestra». Alta litigiosità e idee troppo differenti, dunque.

Il risultato è che molti elettori chiamati a votare per l’ammucchiata hanno preferito scappare. Tra quelli dei Cinque Stelle, scrive il Cattaneo, «prevale, come del resto già in passato, la tendenza ad astenersi in occasione di elezioni locali». Il fatto che il candidato governatore Luciano D’Amico non fosse emanazione del M5S, di certo non ha aiutato. A conclusioni simili giunge il politologo Roberto D’Alimonte, nel suo studio pubblicato sul Sole-24 Ore di ieri: «È legittimo ipotizzare che una parte degli elettori del Movimento si senta a disagio dentro a una coalizione che li vede insieme a Calenda e Renzi, oltre a un Pd che nel passato hanno fortemente osteggiato».

 

 

 

MESSAGGIO PER CALENDA

Tra gli elettori di Azione, Italia viva e Più Europa, prosegue l’Istituto Cattaneo, è forte invece «la tendenza a ricollocarsi o a tornare verso il centrodestra, soprattutto quando, come nel caso abruzzese, i partiti dell’area “liberale ed europeista” sono alleati con il M5S». I dati di Pescara lo confermano. Del 47,7% dei voti che ha preso Marsilio in città, quasi cinque punti (4,8) vengono da elettori che il 25 settembre del 2022 avevano votato per Azione, Italia viva o Più Europa. Quando Calenda dice che il suo partito in Basilicata potrebbe appoggiare il forzista Vito Bardi, «un moderato perbene», e in Piemonte potrebbe fare lo stesso con Alberto Cirio, «un liberale europeista», dimostra quindi di aver recepito il messaggio che gli hanno inviato gli elettori. Tra regalare voti ad Antonio Tajani ed allearsi con lui, la strada per sopravvivere è quella che porta lontano da Elly Schlein.

 

 

 

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